Fine vita, dopo la Regione Veneto ci riprova la Regione Liguria. Questa volta non una con legge di iniziativa popolare, ma con una proposta di legge ordinaria da parte di alcuni consiglieri regionali di opposizione.
“Abbiamo aderito all’invito dell’Associazione Luca Coscioni, con cui collaboro da molto tempo – ha spiegato oggi il capogruppo di Linea condivisa, Gianni Pastorino, primo firmatario del testo – per una proposta di legge regionale sul fine vita che riprenda l’esempio del Veneto, spero con esito più fortunato.
E’ un atto di civiltà perché c’è un vulnus legislativo drammatico: nonostante l’intervento della Corte costituzionale, a livello centrale non si è riusciti a mettere mano alla normativa”.
Un primo tentativo era già stato fatto a novembre, quando l’Associazione Luca Coscioni aveva provato ad avviare l’iter per la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare anche in Liguria, ma la richiesta era stata bocciata dagli uffici legislativi della Regione, a differenza di quanto avvenuto altrove.
Ora la nuova proposta, oltre che da Pastorino firmata anche dai consiglieri di Partito democratico e Movimento cinque stelle, che inizia l’iter ordinario.
“Il 5 febbraio – ha aggiunto Pastorino – verrà a Genova Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, che farà una lectio magistralis a Palazzo Ducale, e presenteremo questa iniziativa alla cittadinanza in maniera più compiuta”.
Il testo ripercorre in tutto e per tutto la proposta promossa dall’Associazione Luca Coscioni che richiama la sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale e si pone l’obiettivo di far sì che il suicidio medicalmente assistito non costituisca reato.
Si tratta di un tentativo di normare la materia in attesa di una legge nazionale, basandosi sul fatto che le Regioni hanno la competenza concorrente a tutelare la salute dei cittadini.
La proposta prevede che in Liguria possano accedere gratuitamente alle prestazioni e ai trattamenti relativi al suicidio medicalmente assistito le persone affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che le stesse reputano intollerabili, le persone tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale, se pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli e che esprimano un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco.
La verifica dei requisiti spetterebbe a una Commissione medica multidisciplinare istituita dalle aziende sanitarie regionali, che dovrebbe anche scegliere le modalità più rapide, indolori e dignitose possibili per il suicidio.
Il trattamento di fine vita potrebbe essere corrisposto in ospedale, in un hospice o al domicilio di chi ne fa richiesta e la commissione dovrebbe dare una risposta sulla verifica dei requisiti entro venti giorni dalla richiesta presentata all’azienda sanitaria del territorio.
In caso di esito positivo del procedimento, la prestazione dovrebbe essere garantita entro sette giorni, anche se il richiedente potrebbe fermare l’iter in qualsiasi momento.