GENOVA. 12 NOV. Nelle lussuose case a schiera di Capolungo abitava anche un magistrato con la sua famiglia. Uno dei suoi parenti era stato intervistato mesi fa da un quotidiano genovese, lamentandosi pure del groviglio burocratico normativo, che impediva di tornare velocemente in casa dopo la frana del gennaio 2014 avvenuta a seguito delle forti piogge.
La frana, al centro di tante polemiche e dei soliti rimpalli di responsabilità di cui sono vittime gli italiani, era diventata anche una sorta di sito turistico perché in molti si fermavano a sbirciare e fotografare l’area provocando perfino code sull’Aurelia.
A meno di due anni dall’evento, drammatico per le famiglie, oggi il Tribunale di Genova ha ingiunto a Comune e Regione, ossia con i soldi dei liguri e non con quelli dei privati, né con quelli del Demanio, né di Rfi, di rimettere in sicurezza la scogliera. I residenti potranno così rientrare nelle loro abitazioni.
In questo caso, non soltanto la modalità, ma anche i tempi dell’ingiunzione, considerata la complessità della problematica legata al tratto demaniale e a quello ferroviario, stupiscono perché relativamente brevi.
Tuttavia, se sull’ordinanza del giudice il centrosinistra di Palazzo Tursi tace, il centrodestra di via Fieschi non ci sta. Nel pomeriggio ha comunicato che “in merito all’ordinanza relativa alla frana di Capolungo, la Regione Liguria, attraverso i suoi tecnici legali e amministrativi, rende noto di essere in attesa di conoscere la trascrizione della sentenza, con le sue motivazioni, per effettuare le opportune valutazioni. La Regione si riserva di leggere con attenzione le motivazioni, approfondendo tutti gli aspetti dell’ordinanza, per poi valutare un eventuale ricorso in appello”.