“La voglia forte che ci sia un Paese più giusto, dove le ingiustizie siano definitivamente abolite, noi ci battiamo per questo”.
A chiederlo è Giuliano Giuliani, il padre di Carlo Giuliani, rimasto ucciso a Genova durante i violenti scontri del G8 2001.
Ieri pomeriggio in piazza Alimonda, dove Giuliani rimase a terra 22 anni fa, sono arrivate circa 250 di persone, amici, famigliari, conoscenti e appartenenti a varie associazion, come Genova Antifascista, che hanno portato la loro testimonianza e solidarietà ai genitori di Carlo.
“È difficile che arrivino verità e giustizia – ha spiegato Giuliani – l’uccisione di Carlo è stata una cosa troppo grave perché lo Stato, i magistrati, le Forze dell’ordine volessero riconoscerlo. E allora si cerca soltanto di cancellare, non si vuole fare un processo, si rigetta anche una causa civile, ci sono magistrati che riconoscono solo le logiche del potere. La vicenda di Carlo rappresenta i grossi limiti della democrazia del Paese, e bisogna che la gente lo capisca”.
Alle 17.27, l’ora in cui venne sparato il colpo di pistola da un carabiniere, barricato nella camionetta e pericolosamente attaccato con l’estintore in mano da Carlo Giuliani, c’è stato un lungo applauso e lo slogan “Carlo Vive e lotta insieme a noi”.
Il bilancio di quei giorni di scontri fu di un morto, Carlo Giuliani appunto, 560 feriti, 360 arrestati e fermati, 25 milioni di euro di danni, 62 manifestanti e 85 appartenenti alle Forze dell’ordine sotto processo.
La situazione degenerò nel primo pomeriggio del 20 luglio, quando un battaglione di carabinieri si diresse in Centro città per contrastare un folto gruppo di manifestanti violenti alle spalle di Brignole ma si trovò invece a bloccare un corteo autorizzato. Una serie di eventi a catena che sfociarono appunto nella battaglia di piazza Alimonda.