Aeroclub di Genova.Erano le 15,40 del 24 febbraio 1985 quando, per la prima volta nella vita, si avverava un sogno che avevo dalla nascita di mettermi ai comandi di un aereo e diventare pilota privato.
Tanto che, prima di iniziare la scuola di volo, usavo l’aereo ogni volta che potevo, persino quando andavo a Milano che era collegato alla nostra città da un volo Ati, che era di Alitalia, sua Compagnia nei voli cosiddetti domestici.
Era domenica; tempo né bello né brutto, vento scarsissimo o nullo e il mio esordio avvenne nel piazzale Nord dell’aeroporto di Genova, al quale si accedeva dove ora ci sono gli hangar privati.
Non esisteva l’attuale aerostazione e non c’erano neppure i controlli di sicurezza perché di terrorismo contro gli aerei non si parlava ancora.
In un attimo ero nel “mio” Aeroclub di Genova, sodalizio figlio di storia nobile e illustre e dove mi accolse un mito dell’aviazione nostrana: il comandante e ora mio amico fraterno avendomi fatto realizzare uno dei miei grandi sogni di vita, Claudio Sincich, tutt’ora in attività.
Gli sono e sarò eternamente grato per questo, anche perché non avrei potuto trovare istruttore migliore, preparatissimo tecnicamente oltre a uomo fantastico e di animo nobile dal lato umano come pochi, che ha insegnato il volo a centinaia, forse migliaia di persone, con molti allievi tra i quali l’astronauta Franco Malerba, oggi comandanti di linea.
Dopo un breve breafing salimmo a bordo di un aereo che, a pensarci oggi, sembrava più un cartoon che qualcosa che stava per aria. Un biposto da 150 all’ora, con la cloche come i caccia e la cupola che scorreva sulla testa quanto ad apertura e chiusura.
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Era il P 19, piccolo aereo made in Italy di Aviamilano, la cui “targa” era I-NEGR e cioè India (nell’alfabeto Nato anche se è la “I” è l’inizio della nostra Patria).
Ricordo tutto di quei momenti, persino com’ero vestito e che, salendo a bordo, si sfilò dal mio polso destro uno dei tanti braccialetti che amavo portare all’epoca. E che mi ritrovò sul pavimento proprio Claudio.
Avevo già capito com’ero fatto e che mi sarebbe piaciuto effettuare il primo decollo imbardato di tutti i miei monili! Che oggi limito ad uno o due…
Volammo 40 minuti che vorrei rivivere oggi quando pure ore di volo, decolli e atterraggi ne ho collezionati tanti che devo ogni volta consultare il mio libretto di volo per ricordarmene le cifre.
Gioia, commozione, emozione giravano dentro me come in un frullatore, ma assicuro e giuro al lettore di questo mio pezzo autobiografico, inusuale per un giornalista e persino – potrebbe obbiettare qualcuno – politicamente poco corretto, che stesso entusiasmo, emozione, gioia, provo anche oggi, a 40 anni di distanza, ad ogni volo.
Non credo di poterlo spiegare adeguatamente quello che ho dentro me, perché mi rendo conto, anche se le parole sono il mio mestiere, che talvolta non sono capaci di spiegare le sensazioni.
Per comprendere tutto ciò bisogna avere contezza di cos’è la passione per il volo; cosa vuol dire pilotare, decollare, atterrare, virare.
E’ amore grande, totalizzante che sta con noi in ogni momento della vita. Quando lavori, quando viaggi, quando fai qualunque cosa. Sei sempre e comunque primariamente pilota.
Pochi mesi dopo ottenni il brevetto di primo grado (che sensazione sentirsi chiamare comandante Frambati dai controllori di volo!) e quindi di secondo grado, come funzionava all’epoca.
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Da allora ho percorso un iter piacevole e notevole di esperienze; dal bimotore che è un aereo da favola, all’idrovolante in quel del Lago di Como; ho volato anche in Canada con l’idrovolante sui laghi ghiacciati e riserve indiane a Nord di Montreal, con decollo ed atterraggio dal San Lorenzo. Ed ho pure effettuato (sempre con Sincich) una cinquantina di ore in volo strumentale, usando cioè solo gli strumenti, senza vedere il suolo.
Aero Club di Genova, avendone scritto tanto ed avendo effettuato servizi in tivu, ma anche Aeroclub di Luni (La Spezia), Alessandria, campo di Novi Ligure sono i luoghi seriali e bellissimi di tanti miei voli con aerei diversi.
Un’avventura tra le più belle della mia vita il volo, che celebro nei miei primi 40 anni persino con un po’ di commozione e che ho anche descritto in alcuni libri editi da Stefano Termanini.
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“Io volo” quello nel quale narro tutta la passione, i miei voli, l’inizio e la prosecuzione di tanta avventura. Si tratta di un ebook nel quale mi racconto tra le nuvole, ma pure con un paio di libri scritti con l’amico Claudio Senzioni e prefazione di Vittorio Sgarbi, su anni bui dell’Aeroclub di Genova e quando chiamai appunto l’amico, nipote di uno dei fondatori del Club, Claudio Senzioni nella folle impresa di salvarlo. E che riuscì nell’arduo compito.
E senza quella storia vera narrata nelle tante pagine del libro, oggi, forse, quel grande ed antico Club non ci sarebbe più o sarebbe ben diverso. Dino Frambati
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