Come l’impresa dei mille di Garibaldi
La narrazione teatrale dell’impresa relativa alla ricostruzione del viadotto sul Polcevera, al posto del ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 a Genova, non era impresa facile, anzi assai “scivolosa”.
Eppure, lo spettacolo scritto da Massimiliano Lussana, da un’idea di Pietrangelo Buttafuoco, per la regia di Alessio Pizzech, funziona. Andato in scena il 31 gennaio al Teatro Gustavo Modena, verrà replicato fino a domenica 5 febbraio 2023.
Da subito “I mille del ponte” appare come una forma ibrida di rappresentazione, nel suo alternarsi di parti recitative, citazioni e canzoni, volta a far riflettere ma anche a intrattenere, provocando nel pubblico sentimenti alterni: ansia e rabbia per la tragedia, ma anche sorrisi e lacrime in una sorta di rievocazione / rivelazione catartica.
Il mattatore e conduttore della pièce è Mario Incudine, attore, cantante, polistrumentista ed esponente significativo della musica popolare siciliana. Lo accompagnano in scena Pino Ricosta, Manfredi Tumminello e Antonio Vasta, che suonano dal vivo e talvolta interloquiscono con il protagonista.
Apprendiamo dall’autore, Massimiliano Lussana, che l’attuale è già il quinto allestimento diverso, la quinta tappa, si può dire, di uno spettacolo che definirei in progress.
Nato come recital basato sull’omonimo libro fotografico realizzato con Fondazione Ansaldo, adesso “I mille del ponte” si presenta come teatro canzone ed è stato riallestito con la sponsorizzazione di Fincantieri, azienda storica impegnata nella costruzione del nuovo Ponte San Giorgio.
Il debutto a Sampierdarena è simbolico, perché il teatro di piazza Gustavo Modena si trova a poca distanza dal ponte di cui si parla e anche vicino ai cantieri navali in cui è stato costruito con la sua forma a scafo di nave.
Ormai, come viene sottolineato, sembra che, più che su un pezzo di autostrada, si “salga a bordo” di un’opera viva, illuminata, controllata, monitorata, autosostenibile.
Un sottofondo di scrosci di pioggia all’inizio dello spettacolo riporta il pubblico nell’atmosfera della tragica giornata estiva in cui avvenne il crollo, alle ore 11.36 del 14/8/2018. Le date vengono scandite: il 14/12/2018 viene aperto il cantiere di demolizione, il 3/8/2020 si inaugura a tempi di record il nuovo viadotto San Giorgio.
Vengono contati 3.995 lavoratori impegnati nella ricostruzione, che non comprendono “i notai del ponte”, dediti agli espropri dei caseggiati da eliminare.
Il ponte diventa “una presenza di veglia”, il ponte suggerisce relazioni – con la partenza dei Mille garibaldini da Genova Quarto –, il ponte suggerisce assonanze – con il ponte sullo Stretto di Messina, che non c’è –, il ponte diventa un modello – di Genova per l’Italia –, il ponte significa “mai mollare”.
Il racconto si snoda in capitoli sintetici dai toni epici ed entusiastici, scanditi da brani musicali dell’immancabile De André, di De Gregori e dei Trilli, alternati a brevi e appropriate testimonianze filmiche di Renzo Piano e alle fotografie dei personaggi che “hanno fatto il ponte”: saldatori ed elettricisti, ingegneri ed operai, autisti e avvocati. Ogni singolo bullone conta e qui si respira davvero lo spirito civile che trasuda implicazioni universali.
Sì, lo spettacolo è soprattutto “una grande dichiarazione d’amore a Genova”, come sottolineato dal Sindaco di Genova Marco Bucci, ma anche dagli spettatori, che a un certo punto – con l’accensione delle luci in sala – vengono direttamente coinvolti. In questo sta la forza del “teatro documento”, nello smuovere gli animi, nel creare empatia, nel contribuire a costruire un senso di comunità, che è poi il vero ponte tra le persone. Linda Kaiser