Al Kustendorf festival è stato appena anticipato un commovente documentario sul cineasta coreano Kim ki-duk. Il documentario, intitolato “L’Enfant Terrible”, verrà poi ufficialmente presentato presso il Belgrade International Film Festival, che quest’anno si terrà dal 24 febbraio al 5 marzo.
Il documentario appena visionato, per quanti hanno amato il Maestro Kim ki-duk, così come lo chiamano coloro che lo hanno frequentato, assurge ad un colpo al cuore. Un documentario, rispetto ad una fiction, di solito presenta una struttura più standard, eppure quello citato, per la bellezza della fotografia ed il tipo di memoria trattata, ci ha letteralmente strappato qualche lacrima dagli occhi.
Chi non ha amato Kim ki-duk? Ora che la cultura coreana imperversa a livello mondiale grazie alla serie trasmessa su Netflix “Squid Game”, come non rammentare che è stato proprio il Maestro Kim ki-duk ad introdurci profondamente nella conscenza della realtà coreana, più o meno sconosciuta prima della distribuzione delle sue pellicole.
Il documentario in oggetto, “L’Enfant Terrible”, è stato realizzato dalla regista e producer dell’Uzbekistan Tatjana Mühlbayer, unitamente al famoso producer Artur Veeber, ivi presenti.
Ricordiamo che Kim ki-duk aveva iniziato a lavorare in Lettonia a quello che sarebbe stato il suo futuro progetto filmico, dal titolo “Clouds, Rain, Snow and Fog”, quando per alcuni giorni nel dicembre del 2020 si persero le sue tracce, per poi ritrovarlo, ormai privo di vita, presso un ospedale di Riga, venuto a mancare per complicanze legate al covid.
In tal senso i suoi fidi amici e collaboratori decidono di rendergli omaggio tramite questa testimonianza filmica che esordisce proprio con il producer Artur Veeber che dice “Questa è una storia che inizia dalla fine”. Si passa poi attraverso una serie di racconti da parte degli artisti che hanno collaborato con lui. Se ne rammentano i modi molto bruschi di lavorare sul set, ma al contempo l’instancabile energia e passione che diveniva vero e proprio magnetismo.
Desideriamo citare parte della testimonianza inclusa nel documentario da parte di Alberto Barbera, critico cinematografico, che per un certo tempo è stato Direttore della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Barbera racconta che disponeva ancora di uno slot disponibile, ossia aveva ancora posto per un film da inserire, sicché va a visionare il VHS de “L’Isola” (2000) di Kim ki-duk e, come riferisce, “rimango letteralmente folgorato…Con lui si è stabilito un rapporto privilegiato. L’anno dopo abbiamo presentato il film successivo”. Ancora in merito alla poetica cinematografica del cineasta coreano asserisce “Io credo che ci sia un equivoco in merito alla violenza nel cinema di Kim ki-duk. Nel cinema coreano di genere la violenza è una violenza grafica, cui noi italiani non siamo abituati, ma nel cinema di Kim ki-duk la violenza è connaturata al genere umano; è la manifestazione del lato oscuro dell’animo umano. Kim è convinto che l’essere umano possa essere buono od anche bestiale…”
Ringraziamo Alberto Barbera per la testimonianza così preziosa, che fa luce sulla composita figura di Kim ki-duk che a livello filmico ha esordito a 36 anni, senza una preparazione accademica e già da quest’elemento ne intuiamo la forza geniale, come quella di una divinità orientale dalla natura duale dipartita troppo presto, attraversando una sorta di sacrificio finale.
Ricordiamo inoltre che il cineasta Kim ki-duk era stato ospite proprio del Professor Emir al Kustendorf Film and Music Festival nell’edizione del 2012, sicché siamo molto grati di quest’omaggio che Kusturica ha voluto dedicargli con la proiezione di questo toccante documentario.
Vi consigliamo vivamente di visionarlo, appena in Italia sarà disponibile.
Romina De Simone