Il segretariato Convenzione Cambiamento climatico dell’ONU ha lanciato oggi il primo report volto ad analizzare il livello di ambizione nel ridurre le emissioni da parte dei Paesi parte dell’accordo di Parigi
Gli attuali impegni e piani di azione non sono in linea con le indicazioni della comunità scientifica
Le conclusioni del NDC Synthesis Report mostrano che se da un lato i Paesi hanno incrementato i loro livelli di ambizione, in linea generale, questi sono ben lontani da ciò che la scienza raccomanda che venga fatto e, nel complesso, mantengono la traiettoria del riscaldamento globale ben al di sopra di +1,5° C, portando a devastanti impatti climatici. Secondo gli scienziati, le emissioni globali dovrebbero essere dimezzate entro il 2030 e annullate entro metà secolo, a livello globale.
I Paesi devono presentare obiettivi e azioni nazionali sul clima (NDCs – Nationally Determined Contributions) rivisti e più ambiziosi nell’ambito dei loro piani di contrasto alla crisi climatica, con largo anticipo rispetto alla 26esima Conferenza delle Nazioni Unite per il Cambiamento Climatico (COP26), posticipata a novembre di quest’anno per via della pandemia da Covid-19. Il report rappresenta gli NDC ricevuti entro il 31 dicembre 2020.
Per il WWF, Il report lanciato oggi è un’importante opportunità per riflettere sulla reale corrispondenza tra parole e azioni nell’affrontare la crisi climatica. Alla fine dello scorso anno erano stati comunicate solo 45 revisioni degli NDC, corrispondenti a circa il 30% delle emissioni di gas serra e al 40% dei Paesi firmatari dell’accordo di Parigi.
Nonostante molti Paesi abbiano sperimentato devastanti e ripetuti impatti della crisi climatica, il loro livello di ambizione ancora non è sufficiente.
“È ingiustificabile che in particolare i Paesi più ricchi al mondo, i quali rappresentano il 75% delle emissioni globali, non abbiano fatto la loro parte- afferma Manuel Pulgar-Vidal, leader del WWF Internazionale su Clima ed Energia- I maggiori responsabili di emissioni, tra cui Cina, India e Stati Uniti, non hanno ancora presentato i loro piani nazionali. Abbiamo sentito alcuni segnali promettenti da Stati Uniti e Cina, ma la prova sarà il loro invio formale alle Nazioni Unite”.
Paesi come la Norvegia e il Regno Unito, così come l’Unione Europea hanno incrementato la loro ambizione, ma potrebbero fare molto di più. I piani condivisi da Giappone, Corea del Sud, Russia, Nuova Zelanda, Svizzera, Australia, Messico e Brasile non mostrano un incremento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, addirittura quelli di Brasile e Messico potrebbero comportare emissioni aggiuntive.
Pulgar-Vidal continua: “E’ necessario che tutti i Paesi presentino i loro piani nazionali molto in anticipo rispetto alla COP26 e che quei Paesi che hanno già presentato dei piani non sufficienti li rivedano. La COP26 dovrà essere un momento per celebrare e rafforzare l’ambizione che ci guida lungo il percorso per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C”.
“Siamo di fronte a un’emergenza planetaria. Le attività umane stanno destabilizzando il nostro clima e il sistema dell’approvvigionamento alimentare, e stanno distruggendo gli ecosistemi naturali da cui dipendiamo con una velocità maggiore di quella con cui gli stessi sono in grado di rigenerarsi- conclude Pulgar-Vidal-. Rischiamo sempre più di raggiungere l’irreversibile punto di non ritorno climatico, è imperativa un’azione politica ed economica sulle emissioni globali, come ci ricordano gli scienziati. Tutto questo comporterà uno sforzo senza precedenti, coordinato e urgente, da parte di tutti i Paesi per cambiare rotta e raggiungere le emissioni zero entro il 2050: il 2021 sarà un anno cruciale”.
Quest’anno l’Italia potrà giocare un ruolo di primo piano nella “corsa all’ambizione”, con due importanti appuntamenti internazionali, da un lato le ministeriali e il summit dei leader G20 (che avrà luogo proprio nei due giorni precedenti l’inizio della COP di Glasgow) e dall’altro l’evento dei Giovani pe il clima e la pre-COP, due tappe importanti prima della conferenza in UK.