Dinanzi alla mole di adempimenti e istanze cui l’individuo sociale è destinatario, dinanzi al costante senso di pericolo rappresentato dal mondo circostante, non può sorprendere il suo precoce ammaloramento. Alla fin fine, ironia della sorte, il ruolo compensativo e consolatorio di consumatore produce un individuo consumato.
Cosicché, a fronte di un’esistenza sacrificata all’ evitamento del rischio (del contagio, della pioggia, del vento, dei ladri, delle multe, delle malattie, ecc.), intrisa di un’ansia estranea alla sua originaria funzione di strumento di sopravvivenza, il tempo personale ha subìto un netto peggioramento in termini di qualità e di utilizzo.
In verità, il progresso tecnologico, sulla carta, ha destituito (in verità, sostituito) le passate condizioni di sfruttamento e di fatica e, sotto certi aspetti, ha mantenuto la promessa di un vasto panorama di possibilità quantitative, laddove prima il panorama era ristretto all’esigenza di un sotto-vivere.
Il progresso si è auto-affermato dotando ciascuno della teorica possibilità di disporre maggiormente di sé e di esaudire il proprio tempo, giacché per definizione di Epitteto, “nessuno è libero se non è padrone di se stesso”.
Malgrado tutto, a questo punto della narrazione, stante i risultati visibili raggiunti, aleggia la sensazione della fregatura: l’attuale prodotto mediatico-tecnologico, il personalismo di massa, il preteso padroneggiamento del mondo, il mito dell’auto-efficienza relazionale paiono “una ridicola e illusoria falsificazione della libertà”, citando F. Sciacca. Così come scoprire che “lo spazio di libertà tipico dell’automazione induce la preoccupazione di una sotto-esistenza, di restare sotto a potenzialità inespresse”, citando G. Simmel.
Oggi, il bisogno civico di sicurezza, parente stretto dell’ansia, primeggia su ogni istanza relazionale al punto di gradire ogni conseguente rinuncia di quota di libertà. Non a caso, ogni controllo e ogni restrizione sono benaccette nella misura in cui alleviano la percezione dello stato di pericolo e ne identificano il presidio.
In mezzo a tali ingerenze sotto mentite spoglie, in mezzo agli innumerevoli rischi & allerte che ridondano negli avvisi pubblici istituzionali, estraniarsi dal delirio in corso e adottare un proprio pensiero critico costituisce un vero progresso rispetto ad una quotidianità catechizzata e sudditante.
Il pensiero critico re-agisce al non-senso di una vita sotto-vissuta ed energizza il modo relazionale col mondo circostante.
Per questo, l’attuale progressiva sottrazione di spazi di libertà individuale esige un adesso basta!
Lo esige per scardinare l’ imbalsamazione in atto, per sgombrare un territorio mentale invaso da allarmismi e paure. Lo esige per ricollocare la libertà nella sua naturale dimensione di “legge delle leggi”, concludendo con W. Whitman. Massimiliano Barbin Bertorelli