La dimensione tempo talmente s’impone nella sua estenuante idea di linearità, che la si incardina per luogo comune nella pretesa di una corrispondente progressiva evoluzione.
Da un certo punto di vista, essa concepisce l’uomo come supremo ente intellettivo e lo proietta idealmente ben oltre gli angusti confini in cui fattualmente e quotidianamente deambula. Per dirla liberamente con F. Holderlin: “l’uomo è un Dio quando sogna, un mendicante quando riflette”.
Sia come sia, l’ imprinting svolto fin dalle primordiali origini, oscure e arcane, permane più o meno inalterato dinanzi ai nostri occhi velati di spettatori distratti.
Accade così che, circa 300.000 anni fa (anno più anno meno), si prefigura il progenitore umano, il sapiens. Da allora, le Ere geologiche si sono avvicendate, implacabilmente nominate, adattando e modellando la Terra alle esigenze dell’uomo, fino a sconfinare nell’ odierno Antropocéne.
Tali epocali passaggi, successivamente declinati in chiave antropologica, hanno via via costituita la convinzione in un automatismo evolutivo presuntivamente saldato e progressivamente misurato da specifici indicatori di natura tecno-cronologica.
Nondimeno, la differenza interiore, in termini evolutivi, tra le antiche origini e il traguardo presente resta immaginifica quando non immaginaria, quantomeno nella misura in cui permette di assistere all’odierno spettacolo delirante del palcoscenico mondano.
L’idea del progresso porta l’uomo d’oggidì a discostarsi infastidito dalla propria natura e a rincorrere miti estranei e confusi, a ben vedere non solo superflui: in molti sensi anche tossici.
Il preteso automatismo evolutivo trova pomposo esaudimento nel modello umano iper-tecnologico, raggomitolato nel simulacro dello scientismo contemporaneo.
Così come, nel secolo scorso, certi film di fantascienza preconizzavano e vantavano, già nel titolo, l’idea di un secondo millennio iper-evoluto, svincolato da ogni debito gravitazionale, oggidì tale immagine è avvilita e sbiadita da un terzo millennio roboante, ma giusto solo nella sua identificazione numerica.
In sintesi conclusiva, agendo liberamente anche sulla versatile assonanza, se “paleozoico” é una gloriosa anticipazione dell’evoluzione umana, “paranoico” é l’inglorioso contesto in cui agisce l’uomo contemporaneo. Massimiliano Barbin Bertorelli