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Il Nano Morgante | E’ più forte di me

Il Nano Morgante | E’ più forte di me
Il Nano Morgante | E’ più forte di me

Nell’essere umano, l’ esperienza del proprio vissuto quotidiano e la sua progressiva crescita nel tempo offrono di rado un supporto tangibile.

Non a caso, gli errori commessi ben poco servono a non ri-commetterne di nuovi, visto che perlopiù transitano e si ri-presentano irriconosciuti, invincibilmente camuffati. 

In soldoni, malgrado il passato, l’essere umano non riesce ad evitare un presente che assiduamente ne ri-propone varie versioni. 

Coerentemente con la premessa, il vissuto femminile di rado trae esperienza dal passato, dalle trascorse vicende, laddove essa non viene sufficientemente interiorizzata e opportunamente tesaurizzata. 

Fatto sta che quasi mai essa si pone come antidoto naturale per affrontare e contrastare frau-dolenti riverberi.

Tale vissuto può ben attagliarsi, senza eccessivo timor di smentita, alla modalità beneficente: quella modalità  che tende ad impegnare e devolvere le personali riserve psico-fisiche in cause perse, la cui sopravvivenza è garantita proprio da tale quotidiano oneroso impegno.

Un latente rischio, sminuito o impercepito, nei confronti del quale il singolo vissuto esperienziale non svolge una efficace funzione difensiva, nella misura in cui non evita quegli effetti collaterali già dall’inizio pronosticabili, di cui peraltro significa il testo di Carmen Consoli, “Armonia imperfetta”.  

La modalità beneficente pertiene  ahimé al vissuto femminile, quale esito di un’atavica precettazione familiare che ancor oggi  lo predispone a quell’ “essere per gli altri”, per definizione di Luce Irigaray, e che lo sospinge in quel   paludoso senso del dovere che agisce in nome e per conto di un qualcosa che (come spesso si sente dire) è più forte di me. 

In base a tali presupposti,  una sistematica pianificazione educativa  contraddice nei fatti la contemporanea pretesa emancipativa.

Alla fin fine, non è molto cambiata la solfa rispetto a quando (1963)  la musica leggera italiana produceva, tra i tanti testi in materia,  “come te non c’è nessuno”. 

Dinanzi ad una differenziazione educativa, non ci può sorprendere se del naufragio affettivo-sentimentale in corso resta l’abnegazione femminile a far da salva-gente; né ci si può sorprendere se una vocazione malriposta riesce ancora, sottotraccia, ad essere auto-gratificante.  

In conclusione, albeggia irrisolta la questione posta da JS Mill (1850): “nascere femmina, piuttosto che maschio, non può e non deve condurre ad una difficile sorte individuale per tutta la vita”. Massimiliano Barbin Bertorelli