La fase fanciullesca, col suo menù di spensieratezza e giocosità, risulta da sempre connotata e svantaggiata da un transito troppo veloce, la cui volitiva protrazione viene immantinente stroncata dalla censura adulta.
Rispetto a questa inclemente pre-destinazione, il protrarsi nel tempo della giocosità, pur contraddistinto da istanze sane e consapevoli, è sempre ingiustificato.
Una direzione di vita, a ribadire il concetto, che il pronto intervento adulto si sente sempre titolato a correggere.
Non a caso, questo inesorabile processo di adultizzazione individua e stronca sul nascere l’ anomala pervicacia dell’ identificazione giocosa, interpretata come indizio di superficialità e di scarso senso di responsabilità.
Tanto anticipativa quanto imperativa è la spinta verso il senso di responsabilità, nella misura in cui ogni fanciullesca abilità di aleggiare sull’esistenza viene arginata per ortoprassi e conformata il più presto possibile all’ armamentario nevrotico del mondo adulto.
Da qui, insta l’esigenza di una profilassi familiare all’insegna di “un bel gioco dura poco” e de “il riso abbonda sulla bocca deli stolti”, curando il malato con un lungo e gravoso elenco di doveri & impegni.
“Il divertimento gli costerà caro, lo prenderanno per somaro” (cit. A, Palazzeschi) é il dazio a carico di chi ostinatamente si attesti, oltre il termine assegnato, per attitudine o per incosciente azzardo, nella burla.
Dovendo rientrare nei ranghi, l’anticipata adultizzazione del fanciullo già si esprime con la sua identificazione negli adempimenti ginnico-scolastici da guinness dei primati, di cui é spesso sobbarcato.
L’ identificazione individuale in tali olimpiche imprese è, tra gli altri, un elemento costitutivo dell’odierno clima da perfomance anti-sociale, la cui dimensione è bene rappresentata dalla considerazione di A. Giddens, secondo cui “i comportamenti umani sono il risultato di forze che gli individui adulti non controllano e non comprendono”.
In conclusione, dinanzi all’ imperativo categorico di uscire al più presto “fuori dal tunnel del divertimento” (cit. Caparezza), occorre prendere atto, ahimè, che la realtà è l’opposto del gioco. Massimiliano Barbin Bertorelli