Entra nella dimensione del paradosso, in quanto contraddetta dall’invalso ego-centrismo, che la soddisfazione di sé possa provenire dall’ attenzione e dal riguardo concessi al prossimo.
Per meglio enucleare il concetto, tale binomio di attenzione & riguardo, diametralmente antitetico alla prassi asociale in corso, da un lato assolve all’ imperativo etico del “non trarre soddisfazione dal male altrui”, dall’altro detronizza il trito e ritrito “mal comune mezzo gaudio”.
In forza di premessa, l’argomento pone l’ accento sull’insospettato apporto qualitativo innescato dalla disponibilità sociale, nella misura in cui ogni estemporanea e spontanea pratica del principio caritativo gratifica il soggetto agente: in sostanza, “ogni buona azione in sé, a prescindere dai risultati, genera e diffonde benefici permanenti” (cit. M. Gandhi).
Una gratificazione che non esita ad agire, sebbene pianificata in ordine agli effetti procurabili, anche quando è un inconfessato ego-centrismo a muovere l’afflato altruistico.
Pertanto, ogni idea di buona-azione interviene nella vita quotidiana sia quando insiste e persiste una disposizione attitudinale al soccorso e vi agisce una corrispondente forza morale, sia quando il movente principe è l’ amor di sé.
La soddisfazione personale si pone quindi al centro di un’intelaiatura che contiene e combina tra loro egoismo & altruismo.
Accanto al dissennato “individualismo senza contenuti”, per citare la definizione da Enciclica “Fratelli Tutti”, l’individuo calato nella propria realtà resta quindi potenzialmente attore-protagonista della propria gratificazione, quando riesce a divergere dal becero cronico egoismo e transitare nelle vicinanze del riguardo verso il prossimo.
In sintesi, il riguardo per gli altri, attrattivo della quota felicitante insita in ogni relazione solidale, costituisce una via di accesso diretta al proprio ben-essere. Massimiliano Barbin Bertorelli