“Ciascuno fa quello che può; ed in tale esercizio di potere consiste il suo meglio”. Sotto l’egida di un’ampia disponibilità di risorse individuali, funzionali al libero “agire”, avvio una sintetica trattazione sulla fenomenologia della tipica ed illusoria “scorta di speranze” (di origine marcatamente “scolastica”). La speranza che ammanta di talento e capacità qualsivoglia studente, indicando solo nella sua volontà l’unico ostacolo (e rimedio) al suo scarso profitto.
Senz’altri ambagi e con la lucidità che, da sola, può utilmente frequentare l’immaginazione di sé, non si può non rilevare quanto l’uomo, rispetto alla presunzione di tali “virtù da scolaro”, si conservi inalterato ed esprima sine die una stessa fisionomia caratteriale, al punto da considerare il suo “meglio” ciò che già pareva necessitare di un maggiore esercizio della volontà.
L’assunto del “meglio” escluderebbe (il condizionale è doveroso) i balzi in avanti riconducibili ad aspetti meramente professionali. Talché l’ambito predetto ottiene esiti insperati rispetto a quelli nella vita affettiva, considerato che l’individuo (di genere maschile) tende tragicamente ad impersonificarsi nella “propria professione”, a dit Honderlin.
Così, in ciascun individuo, tale non marginale circostanza ispira, assorbe ed assolve ogni obiettivo dinamico in termini di “miglioramento”.
A tal proposito, sempre stupisce l’ingenuità di coloro che costantemente attendono, ben oltre l’aspetto rimarcato, altri e mirabili miglioramenti nell’ altro, viepiù quando l’“altro” già da tempo avrebbe dovuto manifestarli. E quando, al proposito, già avrebbe dovuto suscitare un realistico disincanto circa l’ingenuità dell’aspettativa.
E’ tenacemente (s)comoda l’idea che ciascuno ha di sé e degli altri. Fatto sta che “Aspettando Godot”, citando Beckett, pare una proiezione, ben più che coerente, divinatoria.
Per dirla in sintesi, può essere un punto dolente (dovrebbe esserlo) che l’ambìto traguardo del nostro “meglio”, visto con sufficiente lucidità, possa non ottenere neppure una risicata sufficienza.
Si tenga infatti sempre presente la probabilità che il “meglio” era già quello ampiamente manifestato ai tempi di scuola. Già in esso era espressa, nella sua massima potenza, il bonus della volontà.
Massimiliano Barbin Bertorelli