Nei confronti di un’affermazione altrui, ritenuta impraticabile, è tutto sommato inessenziale contrapporvisi con tono apodittico e sfidante.
Sarebbe solo una sterile presa-di-posizione, deprivata delle essenziali ricadute dialogiche che rendono ogni confronto meritevole di partecipazione.
Di fatto, nella sana ipotesi di una narrazione che non ci colga sempre utilmente consenzienti, inutile opporre ragioni scomposte e stizzite, fondate sull’arroccamento di idee autogene ed irriflesse, in compagnia delle quali procediamo a testa bassa, con intento cadornista.
Utile, per converso, gradire in ogni occasione la possibilità di riammodernare certuni convincimenti che giacciono impolverati e, forse anche, sclerotizzati.
Malgrado tutto, dei possibili e mirabili benefici di un quondam dialettico, di un terreno osmotico ante-social pare se ne siano perse le tracce.
Di fatto, la stretta ed infame morsa tra la non-conoscenza e la dis-conoscenza, intesa come sorda e diffidente volontà di sottrarsi all’ascolto, congela ogni vicendevole scambio ideativo.
Questo vissuto individuale, collocato in una dimensione comune e dinamica, può stacciare e meglio tesaurizzare le fasi sociali e dialoganti quotidiane dell’uomo. Così, certe divergenze vanno proficuamente intese come opportunità, a compendio della possibilità di desacralizzare la personale cornice che ci protegge da incursioni spesso solo immaginarie.
Pertanto, a fronte di rivelazioni dogmatiche e di superflui mansplaining, è occasione da non trascurare l’effetto sociale e mutualistico del dialogo.
Salto da compiere affinché le relazioni sociali possano fattivamente recuperare il proprio sacro ruolo. Collettivo ed interattivo.
Massimiliano Barbin Bertorelli