Mutatis mutandis, oggidì, come nel lontano passato, il dono, per la propria capacità di mettere in relazione il dare, il ricevere e il ricambiare, costituisce un momento serio.
Il presupposto allarmista deriva dal concepire il dono come un’azione a rischio.
Ad esempio, al ricevimento di un dono, momento sociale interattivo, può conseguire il rischio di non riscuotere il gradimento e la gratitudine che, invece, di primo acchito, ci si aspetterebbe.
Non per forza questa elargizione, estemporanea e inattesa, viene assunta dal ricevente con entusiasmo, come un atto di comprovata disponibilità e generosità. Al contrario, essa può pro-curare imbarazzato sospetto, incorrere in una serie di timore e dubbi, indurre a supposizioni.
Quale paragone classico folgorante, tale atto è simboleggiato dal dono del Cavallo di Troia: un dono che conteneva in sé l’idea dell’inganno e della sopraffazione.
Come che sia, a ribadire il concetto, nell’odierna società del sospetto e del sotterfugio, le dinamiche del dono inatteso conducono ad una immediata diffidenza verso il donante, in specie quando tale dono è privo di liturgici presupposti e non dispone quindi alla tranquillizzante formalità dello scambio alla pari.
In via generale, è logico che, dinanzi ad un gesto estraneo di generosità, chi lo riceve provi imbarazzo e sospetto.
In verità, ogni storia personale è, tra l’altro e in vario modo, intrigata in tali dinamiche interattive. Ciò rimanda al paradosso implicito per cui un atto elargitivo potenzialmente colloca il donante e il ricevente, in forza dei rispettivi ruoli, in posizioni non paritetiche, perfino antagoniste.
Non a caso, “il dono” è il titolo della provocatoria opera (1921) di Man Ray, rappresentata da un ferro da stiro chiodato.
Pertanto, sebbene magica e mitica sia l’aura che avvolge il dono, quando esso si discosta dalle sue canoniche collocazioni, l’ attimo fuggente entusiasta del ricevente viene subito sopraffatto dal dubbio.
Per concludere con una ulteriore riflessione in materia di doni, è interessante menzionare M. de Unamuno, secondo cui “l’intelligenza è un dono terribile”. M.B.B.