Traendo comodo spunto dall’affermazione di H. Bergson, “l’uomo è un animale melanconico”, tratteggio l’ habitus serioso e torvo di una società di individui che, per coerenza a tale indole introflessa, deprecano e censurano ogni divertimento (etimologicamente, diversione di rotta) se non giustificato dalla liturgia o dall’utilità.
Più in versione ir-ridente che ridente, tale habitus trova ideale giaciglio nella vita progredita urbanizzata.
Nondimeno, compresi gli ammiccamenti commerciali dove ogni prodotto necessita di sorrisi artificiali per allettare il consumatore sulla falsariga dei “ganci tira-bocca” di un fumetto di Topolino degli anni 60, la (finta) allegria é la tattica seduttiva nei confronti di una platea credulona, sul modello del Sor Calisto Credulone di un fumetto del 1945.
Considerato che “la vita organizzata intorno al consumo è guidata dalla seduzione, da desideri sempre crescenti e idee mutevoli” (cit. Z. Bauman) e che “il bisogno spirituale di infinito è surrogato con infiniti bisogni” (cit. M. Eliade), l’individuo si è convinto ad accomodarsi e accontentarsi nella forma dell’ allegra falsa familiarità propinata dal medium domestico.
La questione tratteggia l’artificiosità di certe dinamiche pseudo-conviviali, dalla simpatia artificiosa del politicante alla ricerca di consenso, al sorriso professionale del procacciatore di affari alla ricerca di investitori ingenui.
Tuttavia, non deve sorprendere tale artificiosità, poiché già nell’Orlando Furioso la figura allegramente seduttiva della maga Alcina aspirava all’inganno.
In sostanza, il mezzo sorriso coincide con l’appeal estetico-commerciale del mercato e con un’esistenza mercificata e, in quanto tale, dimezzata.
In ordine a tale appeal, diversamente dal bufalo di una canzone di F. De Gregori, l’uomo non è più supportato dall’istinto né dall’arbitrio per scartare il binario assegnato e mutare rotta.
Non resta che attendere un miracolo per convincerci della naturale gratificazione di un sorriso genuino, ad estensione intera, mai più subordinato ai parametri di Maastricht. Massimiliano Barbin Bertorelli