Ha un calibro tragicamente veritiero affermare che le relazioni affettive e i loro effetti collaterali tendono ad assegnare alla vita individuale una poderosa quota di delusioni, in entrata e in uscita.
In relazione a quanto sopra, la strutturale incertezza che l’individuo usualmente esprime in ciò che cerca gli impedisce di riconoscere la non-rispondenza, la non-adeguatezza in ciò che trova.
In sostanza, il decisivo passaggio dal cercare al trovare pare sconfessare l’ottimismo del “chi cerca trova” d’ ispirazione evangelica e, su altro fronte, convalida la logica del “dimmi come cerchi e ti dirò chi trovi” di Ludwig Wittgenstein.
A validare il concetto, non si manca di molto il bersaglio quando si profetizza l’esito inglorioso e l’aleatorietà delle dinamiche affettive, in specie quando informate ad una malintesa immotivata urgenza.
Attingendo all’intricato significato del “non saper volere” (da Thomas Mann), è consueto non saper riconoscere, né ammettere, la stretta infida correlazione tra il volere cercare a tutti i costi e il volere trovare a tutti i costi.
Com’ è anche consueto non saper comprendere l’ origine dell’ insensato obbligo di cercare & di trovare.
Per ristabilire le debite proporzioni, è opportuno introdurre un criterio elementare: il buon esito di ogni ricerca dipende dalla preventiva conoscenza del motivo che la accompagna.
Altrimenti, ogniqualvolta compare all’orizzonte solo l’ombra dell’ oggetto cercato, in esso il desiderio trova immediata identificazione e soddisfatto compimento.
In soldoni, parafrasando un noto proverbio, tra il cercare e il trovare c’è un individuo-naufrago che annaspa in un mare di desideri incompresi. Massimiliano Barbin Bertorelli