Quando, nel nostro inquieto peregrinare, per una forma obbligata di ragione, incontriamo un “nodo”, un pensiero immediato è quello di districarlo subito, affinché non si ingarbugli oltre.
Ciascuno assegni a tale affermazione un valore in funzione della condizione e dell’attitudine. Tuttavia, non è evento rigoroso che tale intenzione, anche trattandosi di una comune volontà, sia mutuata dall’esperienza e dal convincimento personali. Così come non è detto che affrontare subito la tenzone sia un efficace impiego di risorse.
Diciamo che, andando avanti (non ci si illuda sull’usuale significato di tale direzione, è solo un modo di dire), ci potremo trovare alla presenza di altri “nodi”, per i quali si riproporrà puntualmente l’intento, più o meno soddisfatto.
Nondimeno, va ragionata l’azione da avviare secondo matrici e parametri non-solo e non-tanto comodi e contigui, quanto contemplativi di orizzonti e respiri possibilmente più ampi rispetto agli attuali.
Potremo infatti, semplicemente, dotarci di un pettine a maglia larga e fare così in modo che un piccolo “nodo” lo oltrepassi, senza incagliarsi. Un tipico caso dell’ adattare la soluzione al problema.
Nondimeno, é piuttosto elevata la probabilità che il pettine possa incontrare nodi più consistenti; e che uno, prima o poi, vi si incagli, a prescindere dal grado della spaziatura degli interstizi.
Sia come sia, si osservi con nettezza quanto una data circostanza trovi spesso nell’individuo stesso, il primo e principale ostacolo. Non a caso, J.S. Lec sostiene che “il peso di un problema va calcolato al lordo, noi compresi”.
E’ tutt’altro che irrilevante lo spirito con cui ciascuno affronta le diverse vicissitudini ed i diversi nodi.
Condensando, la soluzione di bypassare alcune questioni, oltre che essere un fattivo rimedio d’emergenza, contempla anche in sé, e prevede, una quota di ordinario ottimismo fatalista.
Elemento che, all’occorrenza, può fare la differenza, a prescindere da un qualsivoglia nodo e da un qualsivoglia pettine.
Massimiliano Barbin Bertorelli