A fronte della pur autorevole considerazione di Emily Dickinson, “in questa vita che dura solo un’ora quanto poco è in nostro potere”, s’ impone tuttavia una irriverente contro-deduzione.
Prescindendo dal tipo di potere che aleggia tra sovranità & proprietà, tra norme & possesso, scomodando M. Foucault, é possibile sostenere, adattando il concetto alle relazioni ordinarie quotidiane, un potere individuale di cui l’ individuo é spesso incurante.
La narrazione richiede in premessa la definizione sintetica del termine potere di sé quale la padronanza decisoria di sottrarsi ai condizionamenti, agli schematismi sociali nonché ai personali bisogni che, a vario titolo e in varia misura, influenzano e assoggettano l’agire individuale.
In linea con l’affermazione “chiunque desideri una vita tranquilla ha fatto male a nascere nel ventesimo secolo”, attribuita a Lev Trotskij, per confessione di coerenza, in ogni tempo si presentano circostanze poco tranquille, le quali non tardano a trovare un dannoso fertilizzante proprio nell’ inadeguato o inattuato esercizio del potere di sé.
Selezionato il contesto di riferimento, questo potere si manifesta per automatismo non appena se ne riconosce lo sviamento interpretativo, in forza del quale la titolarità viene assegnata solo a chi possiede poderosi requisiti socio-economici.
L’esercizio del potere personale, derubricato e liberato da tale assegnazione economico-curriculare, destituisce, detronizza gli inessenziali bisogni che influenzano le relazioni dell’individuo dinanzi alle categorie di utilità e vantaggio.
Non a caso, brame artificiose facilmente divengono desideri meritevoli, sebbene la loro proliferazione pre-disponga l’individuo all’auto-assoggettamento.
Bypassare così l’ influenza dei bisogni e l’ affluenza dei loro esauditori scollega le dinamiche sociali da ogni ragione strumentale. All’opposto, tale influenza unisce e mutualizza, ai vari livelli, l’ individuo desiderante all’ individuo esaudente, sul modello della relazione turnativa servo-padrone.
Detto fatto, l’ ordinamento dei bisogni dispone, con effetto immediato, l’immunità dai rapporti di forza e la ri-appropriazione consapevole della padronanza di sé.
A latere, la pre-occupazione del giudizio altrui, quale implicato condizionamento, costituisce addizionale ostacolo all’ esercizio autorizzativo del personale potere. Non a caso, la gerarchia lavorativa è luogo ideale per relazioni asimmetriche e mendiche stile rag.Fantozzi. Per converso, protensioni predatorie impostano nel soggetto umano tattiche finalistiche non diversamente supplichevoli.
La compulsione desiderante opera ad ogni latitudine sociale e implica la pervadenza di traguardi iper-ambiziosi quale condizione presupposta per intrattenere rapporti strumentali.
Nel caso opposto, un’idea di esistenza senza continui vuoti materiali da colmare è fondativa per bandire l’ utilità della riverenza. E per far sì che l’individuo divenga padrone di se stesso. Massimiliano Barbin Bertorelli