“Basta il pensiero del denaro per motivare le persone”.
Tale proposizione é stata estrapolata da un articolo di Bojana Murisic, sul sito www.unibocconi.it , dove tratteggia l’esito di un esperimento, condotto da alcuni ricercatori dell’ Università Bocconi, sul rapporto tra denaro e realizzazione degli obiettivi in base alla cosiddetta “Goal Theory” (la teoria dell’obiettivo).
In sintesi: tutto ciò che oggi facciamo (ambito relazionale incluso) ha come ispiratore l’interesse economico: quantomeno, il costante pensiero di un vantaggio personale e materiale.
L’esito non può sorprendere, giacché elabora la trasposizione quotidiana degli ideali massivi contemporanei, ben rappresentati da una successiva affermazione: “il denaro pare costituire il nostro motivatore interiore e la sua sola idea produce una sensazione positiva” (ibid.).
Questa è la condizione con cui fare i conti (nel senso letterale del termine) per dare senso ad ogni iniziativa umana.
In buona sostanza, per provare emozioni occorre avere la possibilità di trarre un qualsivoglia tipo di guadagno.
Stante il paradigma assurto a dato concreto, non è di certo possibile ovviare a tale iattura sociale. Tantomeno re-introducendo d’emblée il baratto come metodo commerciale alternativo. Né è pensabile considerare irrilevante ed inessenziale il peso sociale che assume l’economia al fine di garantire alla comunità un livello sufficientemente dignitoso di vita, ancorché in parte compromesso dagli esiziali effetti, diretti ed indiretti, della pandemia in atto.
Non di meno, in parallelo, può co-esistere un completamento emotivo ed una gratificazione che sfuggono al costante ed ossessivo limite del pensiero materiale.
Risiedono, tra l’altro, nella soddisfazione di un “fare” come traduzione di una passione. Risiedono nel contribuire alla soluzione di un problema collettivo, nel condividere esperienze trovando ambiti emotivi comuni, nell’ottenere la considerazione degli altri, scevra, una volta tanto, da irriferibili strategie e dalle tipiche finalità sottotraccia.
Esiste una gratificazione morale nel quotidiano svolgimento del proprio impegno lavorativo , come anche nelle dedicazioni extra-lavorative tradizionalmente intese.
Cosicché, preso atto dei differenti modi di intendere l’esistenza e nelle mutevoli priorità che volta a volta le si assegnano e della considerevole mole di studi e saggi sul comportamento e sulla monetizzazione dei desideri e dei bisogni dell’uomo, concludo con una pertinente frase di Magritte: “Il mondo è così meravigliosamente privo di senso che riuscire ad essere felici non è fortuna, è arte allo stato puro”.
Massimiliano Barbin Bertorelli