Esprimendo un pensiero d’impulso, classifico come “fanciullezza” quell’ eterea ed eternizzante condizione che, per libero agire mentale e per un’assenza di pre-occupazioni, si mantiene curiosa verso il “presente”, categoria di tempo su cui esercitare costante esplorazione.
Condizione protagonista di una animosità sedotta dalle potenzialità di un tempo sorprendente, che pre-vede il futuro come inesausta e straordinaria chance, senza attriti di sorta.
Una personale interpretazione di un modus vivendi, da cui resta estraneo il dato strettamente anagrafico, limitato talvolta ad esprimere, sotto le sembianze di “fanciullezza”, solo una “anzianità” precoce.
Il dato sociale emergente dell’ “ignavia”, la “perplessità congenita” di Cioran, adeguatamente sanzionata nella divina Commedia, tende infatti a relegare il “giovane” ad una condizione sconfortata ed afflitta, incongrua con l’anagrafe di riferimento.
In tal senso, i pensieri, avviluppati ad un’educazione individualista, nell’urgenza di una quotidianità tattica, costituiscono un anticipato appesantimento, rispetto alla canonica, liturgica, concezione di fanciullezza”.
Sia come sia, tale aspetto pare rimarcare una genetica e sensibile differenza tra individui anagraficamente identici.
Ad una lettura estemporanea, è il singolo comportamento (concorde o discorde col dato anagrafico) a produrre un parametro inequivocabile, nella misura in cui, citando Sartre, “l’uomo è una totalità non una collezione”. Così come, per converso, è “vecchio chi non si aspetta più sorprese”, citando M. Ammanniti.
L’esercizio di pensieri ingombranti, nonché l’invasività del mito educativo individualista, comprimono e condizionano la linea di condotta, che, relata refero, è imperniata sullo sconforto contemporaneo.
Concludendo, mai sconfessare, tantomeno sottrarre la categoria della “fanciullezza” alle sue intime prerogative di “vitalità”. Né si ritenga possibile recuperarla, se del caso, convincendosi, in forza della assonante rima di un recente slogan pubblicitario, all’uso miracoloso di un bagnoschiuma.
Massimiliano Barbin Bertorelli