Partiamo da un motto, originario della lontana Africa, totalmente disatteso nella parte occidentale del mondo: vivi con leggerezza.
Tale motto, a parte la condivisione a chiacchiere, non trova né presente né futuro in un clima sociale in cui aleggiano e cospirano innumerevoli motivi d’ansia: tra questi, un tambureggiato slogan salute & sicurezza, caposaldo commerciale della comunicazione mediatica.
Un tambureggiamento a fini salutisti che si accanisce su una platea già ipersensibilizzata ai potenziali rischi quotidiani & già imperversata dal business del panico.
Questo spargimento di allarmismi ricorda in certa misura la fake a mezzo stampa che nel 1730 girava nell’Europa centrorientale circa una imminente invasione di vampiri.
Fino a tal punto incombono le pre-occupazioni pre-ventive implicate all’esistenza civilizzata, incistata dalla percezione di nuovi contagi & patologie, piuttosto che dallo spettro di guerre nucleari, da non sorprendersi se, da un minuto all’altro, si radicasse nel BelPaese anche l’idea geniale, tipicamente yankee, con business a seguito, di costruire un bunker personale, stile sopravvissuti.
In particolare, la paura preventiva si combina con la spinta alla cosiddetta medicalizzazione della salute, laddove la vistosa crescita delle patologie tipiche dell’oggidì tribola l’individuo malato tanto quanto quello in salute, persuadendo quest’ultimo a verificare con periodico anticipo ogni ottimistica presunzione.
Dunque, una concorrenza di tribolazioni e pre-occupazioni promanante dal business del panico & da una prassi allarmistica teleguidata.
Nulla di assurdo in ciò, visto che in una società capitalista, orientata al business a tutto tondo, devono prevalere i fini commerciali: non a caso, stress, disagio psichico & ansia costituiscono, alla resa dei conti, innegabili fattori di consumo.
In soldoni, la nostra salute, intirizzita dalla paura, é motivo di pubblico interessamento sanitario solo quando diventa interesse economico. Massimiliano Barbin Bertorelli