Se, per prova, cominciassimo ad imbrattare con una penna un foglio bianco, disegnandovi sopra linee a caso, senza un’idea precisa da seguire, non è detto che non si riuscirebbe ad ottenere un risultato grafico riconoscibile ed apprezzabile.
Secondo un principio di casualità, procedendo per “automatismo”, nel sovrapporsi di una progressione di righe confuse, si potrebbe cominciare a delineare una fisionomia, di cui non si aveva alcuna pre-visione: esattamente come accade ne “il Rosso e il Nero” di Stendhal, quando ad una protagonista compare misteriosamente il profilo dell’amato, mentre traccia a caso segni su un foglio.
Quindi, malgrado tutto, potrebbe emergere dal supporto un’immagine sufficientemente chiara e distinguibile anche da chi, estraneo, transitasse nei pressi e ne volesse seguire l’esito.
A questo punto, non è escluso per l’inconsapevole autore incassarne il favore e vedersi assegnati merito e significato, sebbene estemporanei al proprio originario intento.
In analogo modo, tale sorprendente effetto interviene anche in molte altre nostre azioni quotidiane, ogniqualvolta liberamente ci esprimiamo, senza tatticismi di sorta od azioni di controllo.
Tale circostanza permette di comprendere l’ottenimento di considerazione ed il desiderio di riconoscimento anche (soprattutto) quando non li si mette in conto né li si cerca forsennatamente.
Tutto ciò insidia la regola del precisionismo e la curatela nell’agire, che comunque paiono non essere sempre garanti di risultati migliori di quanto non ne sia un agire casuale.
In buona sostanza, senza idoleggiare oltremisura l’improvvisazione ed il valore dell’assenza di finalità come finalità (non negandone tuttavia i vantaggi), se si volesse trarre esperienza dalle cose che accadono, non limitandola da convinzioni e radicate abitudini, ci si prepari alla realtà di non ricevere elogi, quando meritati. E di riceverne, quando immeritati.
Così ipotizzando una misurabilità dell’ “elemento casuale” (citando un recente articolo di Carmelo Caruso pubblicato su Panorama riguardante la “teoria” di un ricercatore americano, Joseph Mazur) ed una rivisitazione del concetto di “merito”, si contempli la differenza cromatico-emotiva tra una delusione ingiustamente subìta ed una soddisfazione inaspettata.
Massimiliano Barbin Bertorelli