In questa circostanza, il termine “bufala” non va confuso con la prelibata mozzarella campana, sulla quale poter sfogare il nostro, spesso oltraggiato, senso del gusto.
Il termine si riferisce all’accezione alternativa di “bufala”, quale notizia fallace, fake-news, post-verità. Riferisce dell’appalesarsi di un metodo d’informazione appositamente farcito di elementi estemporanei e statisticamente inattendibili, in cui nondimeno porre fiducia.
Per estensione, emerge la dubbia effettualità di un metodo secondo cui le notizie si propagano, vengono fatte circolare, nell’ampollosa veste della comunicazione di massa e destinate a soddisfare la curiosità passivante e monologante della comunità.
In tale contesto, si staglia, attuale come non mai, il profetico orizzonte ipotizzato da T. Eliot nel duplice quesito: “Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”.
Tale progressiva perdita amplifica in qualche modo la nostra diffidenza, sempre più avviata nell’evitare ogni possibile diretto contatto col prossimo e nel trovare nella distanza del social un ristoro altrove inattingibile.
Non c’è molta novità, in effetti, nell’evidenziare il consistente numero di fandonie che transitano giornalmente nell’iper-spazio mediatico. E’ un dato risaputo che, nel labirinto delle informazioni quotidiane, ne compaiano, pro quota, di attendibili, di incerte e di taroccate.
Pertanto, non dobbiamo stupirci se alcune non corrisponderanno alla realtà dei fatti: è un dato storicamente acquisito la fisiologica attitudine umana a tramandare storie travisate o rivisitate.
Assumendo come premessa la considerazione di A. Momigliano per cui “pur con la buona volontà di essere sinceri la menzogna è sempre presente”, assistiamo inermi al naufragio della “verità”, potendo riecheggiare il tema dell’omonimo brano di Vasco Rossi.
Ciò ulteriormente si conferma nella considerazione secondo cui “il pensiero post-moderno sostiene l’assenza di verità assolute, la presenza di nessun fatto, solo interpretazioni” (cit. R. Bodei).
In coerente conclusione, senza intellettualizzare atleticamente l’argomento e rientrando nei ranghi ordinari, in questa “bufalo-crazia”, ogni fatto è sottoposto ad un’interpretazione creativa.
Essa, nel suo compulsare tra aspetti prevalentemente materiali & mercantili, esige di spettacolarizzare a tutti i costi ogni possibile panorama, inventandone sempre di nuovi. Tutto lì.
Massimiliano Barbin Bertorelli