In “democratura” (il regime politico improntato alle regole formali della democrazia ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale – cit. Treccani Web) la fase pre-voto ispira un clima da sfida all’Ok Corral.
E’ il prodotto dell’infuriare di un’orda di politicanti che tenta di ottenere (o ri-ottenere) il mandato popolare e di garantirsi a vita la conseguente rendita di posizione.
Pertanto, il primo impegno del politicante, subito dopo il via libera popolare alla rendita di posizione, è trasformarla da temporanea in definitiva, esattamente come fosse un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Detto fatto, la fase del voto sperimenta e alimenta questa smania arrogante, il cui evidente esito sono l’allontanamento e lo spossessamento della cittadinanza dalla partecipazione politica.
Ad epilogo dell’iter elettivo, la fase post-voto, quando contrassegnata dalla vittoria, esprime ancora più chiaramente l’irrilevanza che il politicante-eletto assegna alla platea fornitrice del consenso.
In forza della premessa, questa “democratura” non può che produrre un’incoronazione politica, nonostante stentoree enunciazioni di principi, carente di qualsivoglia idea di servizio, deresponsabilizzata, il cui contesto pretende il transito in ordinari scamb-ismi.
A latere, la candidatura del politicante, calato dall’alto e selezionato per appartenenze curriculari, giocoforza rivela capacità & qualità tanto istituzionalmente celebrate, quanto popolarmente inadeguate.
In parallelo, ogni designazione a rappresentare abbaglia e falsamente ispira la platea con un battage mediatico persuasivo, i cui tratti, tra l’arrogante e il messianico, ricordano sia “la mia verità è la verità” di Max Stirner, sia “Propaganda” di Edward Bernays.
L’unica contromisura civil-popolare a tale smania arrogante e vanagloriosa resta l’astensionismo: purtroppo, inutile forma di protesta imperfetta, utilissima tuttavia al sistema elettivo.
Infatti proprio all’ iperbolico astensionismo in atto sono indirizzati, per via telepatica, i beffardi ringraziamenti dell’eletto.
In sintesi, trattasi della tradizionale commedia del politicante, spettacolo tragi-comico in 3 atti: 1 – la mendicanza del voto; 2 – la smania di auto-perpetuarsi; 3 – la sicumera di avere risolto, con l’elezione, i propri problemi. Massimiliano Barbin Bertorelli