Azzardiamo l’idea che questo è il momento propizio, l’epoca giusta, per credere nella scienza, per avere fiducia nel progresso.
Tuttavia, dinanzi a tale azzardato credito è sempre opportuna quella vigilanza che, se da un lato ci induce a credere, dall’altro ci induce a non credere al qui & adesso.
E’ infatti evidente, anche in relazione all’ attuale taglio dell’ informazione mediatica, quanto sia facile che equivoci valutativi e luoghi comuni rendano difficoltosa una disamina esaustiva dello stato di fatto.
A titolo di esempio, é un azzardo di fiducia accomunare, a livello di pubblica opinione, la qualifica di scienziato con la qualifica di medico-primario, magari dimenticando che il ruolo apicale sempre combina in sé aspetti politici estranei alla scientificità e magari riconoscendo un plus di credibilità a chi imperversa nella vetrina mediatica.
Ahimé, il cittadino-spettatore incorre in tali e tante ingenue suggestioni e false convinzioni, da gravargli sul capo la periodica certezza, vera e propria spada di Damocle, di veder mal riposta, sprecata, la propria fiducia.
In soldoni, la fiducia civica si fonda sulla percezione di autorevolezza di taluni soggetti, sopportati da una mediaticità che addomestica la platea e la cui parola diventa pensiero monolitico.
Cosicché, impossibilitato a “fondare la fiducia sul fare e sull’imparare insieme”, citando D.Hume, il cittadino-spettatore sconta sulla propria pelle ogni azzardo di fiducia, in ciò assomigliando più all’ingenuo Sancio Panza che al visionario Don Chisciotte.
Un cittadino-spettatore dimentico, in primis, che l‘ esigenza d’ apparire esprime di per sé un segnale d’allarme in termini di credito scientifico; in secundis, che le convinzioni insinuate dal mainstream, in quanto tali, hanno poco a che fare con la verità dei fatti.
Alla resa dei conti, in questa mediocrazia, la fiducia popolare è una merce abilmente manipolata e sottratta da parte di un’ informazione pubblica anestetica.
Ricapitolando, l’epoca della cosiddetta informazione libera e globale ha in sé il paradosso dello “jus mendaci” (usuale nell’istituto dell’emergenza guerresca): il diritto di falsificare la verità.
Così, solo col tempo e/o per interventi giudiziari, questa verità potrà (forse) superare la coltre di nebbia e srotolarsi, come un tappeto, nella sua interezza.
Tuttavia, per allora, il cittadino-spettatore, già dimentico del passato in forza delle nuove convinzioni che l’informazione gli avrà confezionato, sarà già pronto per nuove verità. E per nuove fregature. Massimiliano Barbin Bertorelli