E’ sufficiente una fugace lettura di talune fonti di informazione web per rendersi conto della fuga dalla qualità di un buon numero di notizie.
Una fuga di notizie che riferisce con dovizia di particolari i più futili movimenti di inconsistenti protagonisti del “mondo dello spettacolo”.
Nella loro tendenziale irrilevanza, tali notizie e tali protagonisti, per una ingenua moltitudine di cittadini-fans, sortiscono un effetto altamente desiderante. Inducono una dimensione cultuale, in una società consumista, che traduce in “feticcio devozionale” (cit. W.Benjamin) chi appartiene all’empireo della mondanità.
Mi riferisco, in specie, all’assedio di istanze che seducono l’individuo e lo rendono, complice inconsapevole, parte di una realtà illusoria, consumistica e mercificante.
La cosiddetta “falsa familiarità” della Tv si integra, come detto, con una parallela somministrazione, via web, di notizie vellicatorie. Ad esempio, la ghiotta possibilità di “cliccare” per conoscere “chi sono i più ricchi chef del momento” o per conoscere i luoghi di villeggiatura delle “celebrità”, caso mai si volesse vederle dal vivo.
Tutti argomenti inconsistenti, marginali, che tuttavia assurgono a diritto di cronaca e che divengono oggetto di attenzione da parte del patito del web e/o del consumatore-tipo di talk-show televisivi.
E’ l’affondo quotidiano di una comunicazione mediatica che propone ed impone una tal sequela di notizie, da scoraggiare singoli pensieri antagonisti, da inclinare a zero ogni eventuale tipo di “reazione civica”.
In tal senso, è un dato di fatto che non si sentano “grida” (manzoniane od altro) di protesta a causa della invasiva prolificità di tal prodotti mediatico-commerciali.
Parallelamente, il trend sostiene la vendita di una infinità di riviste “gossip”, che lascia poca speranza all’intelletto, quanto ne lascia invece in ovazioni inconsulte per una pletora di “celebrità” resuscitate o sdoganate dagli stessi programmi tv.
Sempre rammentando che “la speranza è un rischio che vale sempre la pena correre”, pare pertinente e profetica la considerazione che “l’affannosa ricerca di senso viene riassorbita dalla stupidità sociale”, citando J. Baudrillard.
In coerente conclusione, la libertà del cittadino di questa “Società dello spettacolo” (cit. Guy Debord) consta in tali istanze vacue. E nel ricercare, vanamente, la sostanza in tale apparenza.
Massimiliano Barbin Bertorelli