E’ paradossale che, nella sterminata disponibilità di vocaboli, nelle infinite potenzialità espressive del linguaggio, una gran parte delle nostre questioni personali sovente non riesca a trovare un adeguato canale verbale, restando avvolta nella limitatezza linguistica, nella confusa approssimazione e nella reciproca incomprensione.
Ad onor del vero, nella tendenziale vacuità dei concetti dell’animale pensante, agevolata da una non sempre florida padronanza di linguaggio, non di rado talune emissioni di fiato si vanificano al solo contatto con l’aria e ritornano allo stato aeriforme originario senza produrre esito alcuno.
Per qualche insondabile motivo, latita tale padronanza lessicale (giusta pretesa nell’educazione dell’antica Grecia) e quel conseguente ardimento di pensiero che nulla hanno a che fare con la temerarietà di certuni inconsulti ed improvvisati sproloqui.
Certamente, in tal senso, è improbabile superare vincoli intrinsechi irriconosciuti; né, a tal fine, è di alcuna utilità sottolinearli negli altri. Nondimeno, sebbene taluni vincoli siano ingéniti, come tali non soggetti a cambiamenti di sostanza, la consapevolezza diviene uno strumento concludente, essenziale.
L’avviamento di un generale processo ri-definitorio può ottenersi in vari modi: tra questi, osservando quanto sia inesistente in ogni altro animale l’intento umano dell’infingimento, della mistificazione, del non-detto.
Pertanto, qualora l’animale pensante abbia comunque l’ambizione di “elevare” la propria classe mentale di appartenenza, non potrà fare a meno, nel collocare l’asticella più in alto, di prefissare la qualità armonica dei propri pensieri.
In specie, le cose-non-dette e le motivazioni che conducono a tal comportamento “omertoso” costituiscono, tanto quanto la vacuità concettuale, un ostacolo non facilmente superabile nella comunicazione.
In sostanza, il tipo di relazione che instauriamo col nostro interlocutore rivela, comunque sia, la qualità dialogica ed il traguardo che si pone.
Questa qualità può agevolare la captazione del “segnale” di un eventuale sfasamento tra una visione concava, escludente, ed una convessa, includente, dell’esistenza. A patto che, una volta captato questo segnale, non se ne perda più la sintonia.
Massimiliano Barbin Bertorelli