Ogni persona ha una propria zona trigger. Una zona di iper-eccitabilità che, se insidiata, può scatenare reazioni scomposte ed aggressive.
Per analogia, in questa Società, disabituata e preclusa alla condivisione, reciprocamente ostile, sempre più incline ad una comunicazione virtuale, si può facilmente assistere allo svalicamento di tale zona.
E ciò può accadere, semplicemente, non appena l’individuo é tirato in causa da altrui giudizi poco lusinghieri, da critiche malevoli. Ed anche da una banale discordanza di pareri.
Dietro un paravento di pensiero libero, lo sdoganamento della non-dipendenza dal giudizio altrui è ben lungi dall’essere una componente attiva ed operante.
In verità, l’affievolimento della comunicazione diretta, non mediata da schermi iper-tecnologici ed internettiani, disabilita l’individuo all’inter-azione, inibisce l’elemento collettivo della comprensione etica. E compendia la dissoluzione sociale in atto.
In addendum, la forza penetrativa ipertrofica e l’introiezione della “regola” importano l’esigenza di comporre, nell’evitamento altrui, quelle rigorose percezioni di in-sicurezza che espellono ogni idea arcadica della vita.
Possiamo essere consapevoli che una rigorosa ed acritica osservanza di tale “regola interiore”, nel suo ossequioso costituirsi urbano, ha l’effetto conseguente del tatuaggio, sperabilmente delebile, di una ridimensionata capacità di giudizio.
Null’altro che la metamorfosi già preconizzata da Aldous Huxley ne “Il mondo nuovo”.
La volontaria estraniazione dalle dinamiche sociali innalza la in-sensibilità e la diffidenza verso l’estraneo, nel senso che ne rimarca differenze difficilmente colmabili.
A questo punto dell’opera, ipotizzando l’attendibilità della narrazione e di una troppo accentuata irritabilità del “bipede umano”, merita riflettere e deflettere dinamiche ed effetti delle nuove forme di comunicazione, ricomponendo al più presto i pezzi perduti a causa di una volontaria rinuncia sociale.
Massimiliano Barbin Bertorelli