Osservare, anche casualmente, i criteri selettivi che sovrintendono agli odierni abbinamenti di coppia, porta a non sorprendersi troppo dei loro statistici fallimenti. Né del percorso regressivo coniugale intrapreso.
In punta d’irriverenza, volendo contrappuntare l’attuale fase selettiva dei sentimenti individuali, la si può sintetizzare col trapasso da una fase naturale, in cui l’estetica parametrava percettivamente, a fini procreativi, le condizioni di idoneità del futuro partner, ad una fase incivilita in cui il richiamo estetico é limitato al dato in sé, nulla esprimendo d’altro se non la quota estetico-seduttiva.
Nell’odierno contesto, il ruolo del genere femminile riassume la funzione di corredo per supplire via via a questa debolezza estetica, esposta come abito di qualità.
Scomodando, direttamente dal testo “L’orologiaio cieco” del biologo Richard Dawkings, la questione evolutiva dell’approccio eugenico, assume tono luciferino la misura in cui plasma il concetto del miglioramento, laddove si coniuga come una categoria, la razza, definitivamente sconfessata dalla scienza.
L’attuale competizione selettiva a valere nei confronti di un de-moralizzato “bipede implume” (l’uomo, a dit Platone) si basa di fatto su una disamina femminile esteticamente idealizzata che include, nella gradevolezza dell’aspetto, l’originario requisito di idoneità del soggetto.
Traendo spunto dalla pertinente considerazione di M. Houellebecq secondo cui “la definizione seduttiva di uomo occidentale sta nel posto di produzione piuttosto che nel suo status di riproduttore”, il rapporto tra i sessi, nel palese processo di differenziazione, tende ad implicare solo marginalmente una rispondenza emotiva. Da cui deriva un declinare nell’ individualismo farfallone, nel narcisismo edonista, nel feticcio della conquista, nel prodotto effimero e mercificato della fisicità.
In conclusione, lasciando da parte l’eugenetica, la stampella di coppia è rappresentata non di rado dal ruolo svolto dal genere femminile: il domestico rifugio di ogni male-assortita relazione in cui la componente maschile prova a cucirsi indosso un abito di cui pare non avere la stoffa. Massimiliano Barbin Bertorelli