“L’Italia, nel campo della ricerca scientifica, ma non solo, (….) è un esempio lampante di assenza di regole oneste”.
Questo è un commento dello scienziato ungherese Laszlo Barabasi (professore alla Northeastern University di Boston), estrapolato da una recente intervista di Barbara Carfagna sul settimanale “Panorama”.
L’argomento è spinoso, ma non più di tanti altri. Tratta, per estensione, l’imperituro italico “familismo amorale” (avvantaggiare individui appartenenti ad una stretta cerchia familiare): approccio congeniale, quando ne siamo beneficiati: insopportabile, quando ne siamo esclusi.
Nella stessa intervista si fornisce, tra l’altro, una dissacrante e provocatoria considerazione del correlato concetto di “merito”, di cui tutti noi siamo, fin dalla giovane età, fiduciosi sostenitori.
In realtà, il “merito individuale” resta, il più delle volte, incompreso ed abbandonato. Andrebbe invece recuperato con occhi meno infatuati o meno ingenui, anche a fronte dell’ affermazione: “lavorare sodo e bene non è la chiave giusta per raggiungere gli obiettivi” (id.)
Sia come sia, a prescindere dalla dissacrante opinione del prof. Barabasi, il sistema tradizionale pare fare acqua da tutti i pori. Con tante e tali falle da farne presagire l’imminente affondamento.
Al netto delle chiacchiere, vi sono condizioni tanto radicate quanto contraddittorie nella storia di sempre, fatta di eroismi veri e di eroismi finti, di volontà di cambiamento e di volontà rabberciate alla bell’e meglio, di intenti sinceri e di intenti di facciata.
In buona sostanza, non tutto ciò che viene propagandato, assume poi tono di fattuale concretezza. Anzi, la stessa Storia del nostro beneamato Stivale è stata cadenzata (anche) di infidi propagandismi, di drammatiche contraddizioni, di una miriade di ingannevoli ambiguità.
Leggere che uno scienziato, odierno paradigma di “successo & genio”, sconfessa l’impegno e la performance su cui da generazioni si ripone fiducia, può trovare feroci contrarietà, facile ironia od il più convinto consenso, a seconda delle rispettive esperienze.
D’altro canto, è illogico pensare di “resettare” un’eredità di pensiero, quando ne siamo totalmente intrisi.
Ci potremmo forse permettere, in tale stato di anarchia mentale, di vedere destituite di verità le nostre già esili e vituperate certezze del futuro?
Massimiliano Barbin Bertorelli