Resta il fattaccio che l’essere umano, ad un certo punto della sua esistenza, comincia puntualmente a travagliare se stesso (e gli altri). Si concentra più nel supporre-per-sé qualcosa di altro e di meglio, che nel bearsi del corredo gratuitamente concesso da madre Natura.
Ogni umano passaggio è sottoposto ad epifanie, ad eventi; così, ogni nuovo pensiero esprime una nuova necessità ed esita da pregresse circostanze; così, nuovi orizzonti tentano di colmare il biblico gap in premessa, ri-componendosi in spasmodiche susseguenti aspirazioni.
A prescindere dalla ragione empirica, investigativa ed indagatoria, sulle cause scatenanti e sugli effetti scatenati, in un certo misterico istante il soggetto umano comincia a nutrirsi di olimpiche ed ossessive ambizioni, estese ad ogni campo d’attività.
Ad ogni buon conto, questo tipo di ambizione si traduce, in capo all’adulto contemporaneo, in una alterata estenuazione della fantasia, preziosa merce riconducibile (purtroppo) alla fugace rendita della fanciullezza.
Da qui, l’intento di accennare agli esorbitanti passi dell’ambizione umana e di approssimarne le derive che, a mano a mano, paiono massificarsi ed ammassarsi quotidianamente.
In sintetica conclusione, lo stigma dell’auto-angosciabilità umana, trattazione esistenziale (anche) della filosofia, consta di inconsapevoli ed inutili veicolazioni di forze scomposte in dis-equilibrio. E del loro ricadere in ricorsive dinamiche causa-effetto.
Veicolazioni a riscontro di una visione eccessivamente angusta di una realtà, da cui tenere la giusta distanza e di cui, potendo, velocemente sbarazzarsi.
Alla resa dei conti, purtuttavia, una realtà ambigua che finisce per ispirare la tolleranza di sé. Ed alla quale, in nome di un opportuno esercizio di adattamento, non pare tutto sommato urgente, né prudente, apportare audaci e drastici cambi di registro.
Massimiliano Barbin Bertorelli