E’ inutile ogni umano tentativo di sconfiggere la morte. Tanto più, quando punta su aridi obiettivi materiali/monetari o quando ripone nella scienza futura le aspettative di un resuscitamento ad una finalmente lunga e felice vita.
E’ utile, invece, tentare di comprendere certi segnali in anticipo.
In specie, capire che la scienza mai sarà in grado di garantire a chicchessia tali deliranti pretese di immortalità, considerato che già oggi non è in grado di garantire a chicchessia un vero ben-essere, salvo quello apparente prerogativa della categoria sociale che troppo confida nell’accumulo monetario.
Ciò induce a richiamare l’hegeliano rapporto servo-padrone, in cui il padrone, convinto di primeggiare, non signoreggia né sulle proprie ossessioni né sulle celate mistificazioni della propria privata esistenza. Anzi, resta in certo qual modo signoreggiato dalla presenza-funzione del servo.
Questo signoreggiamento unicamente si colloca e si eleva, se del caso, nel ristretto ambito della seriosa materialità.
Su tali basi, risulta arguto elevare il modus quotidiano oltre la vacuità di certi contenuti, fino a definire un traguardo finalizzato ad un ben-essere finalmente libero dalla schiavitù dei simboli.
A tal proposito, frequentando occasionalmente le altrui vicende, è facile dedurre quanto lontano sia questo ambìto ben-essere dal luogo comune che lo banalizza in misera parvenza.
Tanto vero è che l’ ordinaria mediazione della risata, vero elisir di lunga vita, viene di norma confinata. Tollerata solo nella versione “pratico inerte”, per utilizzare una pertinente definizione di JP Sartre.
Dinanzi a tale percezione falsata di sé, la figura del padrone si risolve nella superficie di “un niente che solo quando (e se) si ritirerà in se stesso permetterà di raggiungere i tesori che aveva nascosto”, per citare E. Junger.
Resta il fatto che “ognuno, di qualunque condizione e rango, conduce da solo e in prima persona la sua lotta” (cit.): da ciò ne consegue che l’ottusaggine di ogni desiderio di primeggiare svalorizza il miracolo prodotto dall’ elisir di lunga risata: la capacità di sperimentare quotidianamente la gratitudine.
Non a caso, “il divertimento gli costerà caro lo prenderanno per somaro”, citando Aldo Palazzeschi, fa ironico verso a “il riso abbonda sulla bocca degli stolti”. Massimiliano Barbin Bertorelli