Il piacere di banchettare presuppone una priorità sul convivio, a prescindere dal tipo di cibo, dal luogo, dal numero dei commensali; presuppone l’idea gratificante ed autarchica di crearne ed estenderne le occasioni ben oltre a quelle tradizionalmente concesse.
Una qualsivoglia esperienza aggregativa che ci gratifichi in uno spazio condiviso diviene trascendente, mistica. Occasione propizia, tra l’altro, per rifondare e ricollocare affettivamente l’esausto ed avvilito concetto di “famiglia”.
Cosicché, intrattenersi tra le singole “vite”, per plutarchiana memoria, “non ha prezzo”, estrapolando la frase virgolettata dalla pubblicità televisiva: constatando quanto la pubblicità riassuma il luogo del tempo presente. Il luogo dove desideri e mancanze si confezionano in base ad una cifra commerciale.
Ora, annichiliti da una fredda logica mercantile che relega l’individuo alla solitudine, l’accoglienza, anche domestica, è atto rivoluzionario, controcorrente. Come controcorrente è riporre entusiasmo nel fattore comune.
Esattamente l’opposto della convinzione con cui indoriamo ed invochiamo l’arroccamento difensivo, con cui assegniamo al domicilio la funzione di bunker inespugnabile: quasi un antico fortilizio attraverso le cui caditoie si versava olio bollente sul nemico.
In contraggenio, l’idea del banchetto, del festeggiamento, dell’àgape, non è un’idea superficiale, da morale provvisoria. E’ un’idea “portante”: portante é l’ idea conviviale, garante della saldezza delle fondamenta di ogni organismo affettivo-sociale.
L’ “amicizia” (a latere del tradizionale sentimento “amoroso”) può colmare la precarietà di un assetto affettivo contemporaneo, di fatto piuttosto anemico.
A ben vedere, sebbene trascurati, sia il legame amicale che il senso di fratellanza possono degnamente rappresentare l’indice di ascolto di una Società verso le sommesse richieste di soccorso dei suoi componenti.
Massimiliano Barbin Bertorelli