A prescindere dalle circostanze, accanto alla comune sensazione individuale di non avere ciò che si merita, ad un certo punto della vita può, al contrario, insinuarsi l’eccezione: pensare di occupare un posto senza merito.
Una sensazione tanto improbabile quanto veritiera, se riferita in specie ai delegati di carica pubblica elettiva, considerato che tale intima sensazione può covare (soprattutto) quando la si mimetizza socialmente con la tracotanza.
Sia come sia, le circostanze che via via accadono, anche se scrupolosamente programmate, possono interagire in modo tale da far conseguire all’individuo un ruolo soprapossibile o sottopossibile.
In concomitanza alle caratteristiche dell’individuo, è infatti risaputo che le variabili dell’esistenza possono determinare vantaggi o svantaggi casuali, non rispondenti alla logica comune che idealizza il rapporto merito/risultato.
Resta l’ arcano di come certi vantaggi (o svantaggi) si sviluppino autonomamente dalle effettive caratteristiche dell’individuo, che dal canto suo può sempre assegnarsi il merito (o il demerito) dell’idea originaria.
Se quindi certe posizioni sono consone alle qualità, altre posizioni si ottengono per elementi fortuiti impresagibili: non per niente, a seconda dei casi, capita di benedire (o maledire) il caso.
Resta una convinzione debole, il più delle volte ingenua: ritenere che gli esiti, in specie lavorativi, siano direttamente proporzionali alle capacità (o incapacità) dell’individuo, visto il numero di variabili implicate.
Per questo motivo, ciascuno, ragionevolmente o irragionevolmente, può sentirsi impostore nell’ occupare una certa posizione, similmente al pittore J. Pollock verso la sua posizione di acclamato artista.
Nota dell’esistenza é l’autonomia delle circostanze e l’ ineccepibilità delle variabili rispetto ai risultati conseguiti.
Senonché, nel caso più unico che raro di sentirsi inadeguati al proprio ruolo, mai confessare. Anzi, per differenza, ostentare sempre e comunque sicurezza di sé.
D’altronde, é un difetto l’ umiltà in un mondo che premia la vanagloria. Massimiliano Barbin Bertorelli