L’appuntamento del sabato col Nano Morgante
Ogni cambiamento frettoloso, accelerato, in qualche modo imposto dall’odierno forcing opulentistico, lacera interiormente l’essere umano e lo rende sempre più arrendevole agli attacchi consumistici sferrati dal mercato. Crea una indissolubile frattura tra la dimensione esteriore e quella interiore rispetto ad un ideale d’ integrità.
Tale è la nuova frenetica visione del mondo, ben rappresentata e modulata da dinamiche stile talk show, che si considera prediletta rispetto ad ogni visione alternativa dell’ esistenza.
Illogico, ma possibile, sarebbe pensare in un modo diverso che dis-attenda a tale divario esteriore-interiore, a tale fattore dia-bolico (etimologicamente, divisivo) della vita umana.
Il nuovo, a prescindere, per mediatica suggestione, rappresenta il meglio, in un’epoca ambigua in cui il vecchio, se non sopravvive come vintage, è un peggio di cui sbarazzarsi.
In questa resa dei conti stile ok corral dall’esito scontato, il meglio del nuovo soverchia il peggio del vecchio, nella misura in cui è sufficiente il segno + per garantire il vittorioso esito dell’ operazione.
In parallelo, le ingannevoli istanze volte ad una perenne jouissance, tra il meglio delle suggestioni mediatico-commerciali, sono favorite da un’impalcatura psico-sociale scricchiolante, tenuta in equilibrio solo grazie a puntelli consumistici.
Tali istanze piroettano l’individuo fuori da sé, impostandogli di default sul fallimentare atteggiamento da sfida globale, tutti-contro-tutti.
Ad onor del vero, il progresso, pur sempre contraddistinto col segno +, pretenderebbe più un atteggiamento dubbioso e meno credulo.
Nel merito, controdedurre alla stolida assegnazione del segno meno come identificazione distintiva del regresso.
A conti fatti, non deve sorprendere considerare il soccorso morale offerto da una narrazione del secolo scorso (un articolo del 1923 di V. Lenin) dal titolo magistralmente eloquente: meglio meno, ma meglio. Massimiliano Barbin Bertorelli