Il tentativo di completare un personale percorso, avendone preventivato le modalità ed idealizzato le attese, prestabiliti gli esiti, può metaforizzare il volo di Pindaro. Un desiderio irrinunciabile, sebbene disatteso.
In buona sostanza, celebrare l’esistenza come una sublime contesa in cui il trionfo personale è un’opzione scontata, postare la propria esistenza come “una somma di astuzie riuscite” (cit. Elias Canetti), implica il limite della condizione mentale da cui origina.
Nondimeno, ciascun individuo, tenacemente avviluppato tra le spire di possenti velleità, stenta di prendere atto di sé, rimandando all’immagine che Bruegel ha magistralmente immortalato nel dipinto “Paesaggio con caduta di Icaro”.
La solitudine dell’esistenza, a memento del “finché si è vivi si è soli” (cit. R.Shaw), quando si incammina per un tracciato univoco e desiderante, delinea il suo destino.
Malgrado tutto, una “missione” può valorosamente definirsi “incompiuta”. E ciò non costituisce necessariamente una linea di frattura tra ambizione smodata ed una linea di accontentamento.
L’ “annunciazione”, post-biblicamente ispirata, di una possibilità tutta personale dall’esito miracoloso si può esprimere in molteplici modalità: anche secondo una invadente e subliminale pubblicità.
Nondimeno, talvolta, restiamo in attesa che si definisca un’azione, secondo una propria personale preconizzazione.
Albeggi pure l’idea, ammantata da Elias Canetti, che “c’é tanto anche in mezzo, non solo in fondo”. E si riconosca il prima possibile che ogni avvio di azione assume un tono positivamente definitivo anche quando la si può enucleare come un’ azione scomposta ed incompiuta.
Insomma, tra le caleidoscopiche iniziative che sortiscono dall’irrequieto animo umano, non vi è alcun costante bisogno, sempre e comunque, di intendersi solo come una sequenza ininterrotta di gloriosi successi.
Massimiliano Barbin Bertorelli