Non è eretico sostenere quanto la nostra Società, malgrado sia avvolta da un’aura tecno-logica, sia culturalmente denutrita. E che la componente umana, per una logica di causa-effetto, rispetto al sapere filosofico del Passato, non abbia fatto passi “né da gigante né da gnomo” (etimologicamente, gnomo vale sapiente).
Il fatto è da subito riscontrabile. Ne sono la riprova la resistenza e lo scarso interesse dell’uomo contemporaneo verso la riflessione, l’ascolto e la lettura, nonché l’ostinata divergenza dinanzi al tramortito sapere dell’antichità.
In realtà, i concetti a noi giunti dalla Classicità greca e latina, ancorché ritenuti inattuali (aspetto da sottoporre al vaglio del dubbio), se adeguatamente metabolizzati, avrebbero rinvigorito e compendiato, e non tragicamente avvilito, il livello di pensiero e di espressione contemporanei. Ed avrebbero ispirato ed aspirato ad una logica sommativa, per step successivi, secondo un sano e progrediente criterio di apprendimento.
Ciò, purtroppo, non è accaduto. E non sta accadendo.
Il livello di “sapienza” si è da tempo drasticamente arenato, se escludiamo certe episodiche eccezioni che, in quanto tali, non fanno che costituire e confermare la regola.
Gli spazi da destinare ad una novazione mentale individuale e collettiva si fanno residuali, interstiziali; sono gli spazi incolmati e mal supportati da un sistema scolastico tendenzialmente demotivante e castale, rimandando alle dissacranti, pur comprensibili, considerazioni di Ivan Illich.
A questo punto, decontestualizzando, la nota affermazione “siamo come nani sulle spalle di giganti” (cit. Bernardo di Chartres ) merita l’esigenza di essere riadattata, stante la nostra non appartenenza ad alcuna delle due categorie.
“Né gnomi, né giganti” potrebbe rappresentare l’immagine dell’ attuale condizione, che dal passato pare riproporsi come memento.
Tuttavia, l’odierna inclinazione mediatica per la cucina e per la cultura gastronomica che imperversa seduttivamente induce a tradurre in un più comprensibile “né carne né pesce” la condizione della comunità umana del terzo millennio.
Massimiliano Barbin Bertorelli