Finalizzare ogni passo dell’ esistenza in ragione di un’ alta funzionalità sociale, di cospicui incameramenti monetari, di una devozione incondizionata al demone dell’attivismo, è ormai una compulsiva dissennata priorità.
Anche su questo tema, vale l’affermazione della W. Szymborska, “spesso mi abbandona la certezza che ciò che é importante sia più importante di ciò che non lo è”.
Parto da qui per considerare quanto è un’ alternativa utilitaristica ambire anche (soprattutto) alla funzionalità della propria mente, affinché possa deviare dalla direzione assegnata e finalmente sbarazzarsi di priorità dissennate.
Questa ambizione è decisiva per guadagnare un ben-essere alternativo da quello che, tra compulsioni nevrotiche, pretende e prevede un quotidiano mostrare e di-mostrare.
Senza celebrare il disdicevole (?) ozio romano, può quantomeno definirsi pertinente il motto latino “age quod agis” (fai una cosa alla volta), da contrapporre all’ attuale delirio da multi-tasking.
Non vi è dubbio che la rincorsa contemporanea di obiettivi multipli associ all’ affannosa seduzione del tutto-insieme, quella ansiogena del tutto-subito. Tuttavia, all’idea di deflettere verso affanni alternativi, si contrappone la vessazione inesorabile di un incessante desiderare.
In tal senso, il cosiddetto multitasking è diventato emblema di energia personale ben applicata.
In tal senso, sostenere, alla lettera, il nulla di troppo dispone tra l’altro alla riscoperta delle qualità dormienti delle cose, disconosciute all’individuo contemporaneo, per il quale risaputamente e convintamente valgono le ragioni opposte del nulla di meno. Massimiliano Barbin Bertorelli
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