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Il Nano Morgante | Ogni presenza è debito

Il Nano Morgante | Ogni presenza è debito

Se non fosse eretico, sarebbe ideale non essere coinvolti nelle tribolate dinamiche affettive del circuito familiare, insano portatore di obblighi accudenti e aspettative non retribuite. 

Tuttavia, ragionando sulla spinosa questione, non sarebbe di certo facile dismettere da un giorno all’altro l’ angoscia che prende quando si constata l’ ingratitudine affettiva altrui  e quando, a riprova, latita l’ altrui presenza; né, per altro verso, sarebbe facile soprassedere sulla feroce unanime critica che l’ idea del distacco emotivo dagli  affetti familiari sortirebbe.

E’ interessante (e utile), in proposito, attenzionare le ordinarie dinamiche familiari e la loro significante ciclicità e constatare quanto l’ esistenza individuale adulta si ostini nella pretesa di un risarcimento affettivo, nell’esigere cioè la restituzione del proprio impegno accuditivo-educativo, talché risulta pertinente la definizione di “famiglia, sgradevole entità chiusa” (cit. Jiddu Krishnamurti).  

E’ un dato di fatto che il circuito familiare costituisca nel tempo, per turno generazionale, l’occasione per l’ ascendenza di riconoscersi un credito accuditivo-educativo e di metterlo a carico della discendenza.

A ribadire, sulla discendenza gravita una serie di imposizioni e risarcimenti sotto mentite spoglie. 

Tra l’altro, in merito a queste imposizioni-risarcimenti sotto mentite spoglie, il pensiero buddhista-zen presuppone la scappatoia del distacco, il de-coinvolgimento. In altre parole, sia l’ascendenza, per evitare il tribolamento da pretese disattese, sia la discendenza, per evitare onerosi risarcimenti affettivi, debbono a vario titolo affrontare e superare l’ ostacolo dell’ attaccamento.

Non a caso, per comune fallace pensiero, una quota di tribolamento dell’ ascendenza deriva da una discendenza irriconoscente e assente, laddove insiste l’idea di perpetuare ad ogni passaggio generazionale un legame di reciprocità.

Ne esita dunque una discendenza incuneata tra aspettative genitoriali & pretese di accudimento, declinate per implicite imposizioni, piuttosto che per libere deliberazioni.

Mi risolvo a concludere che, in via generale, il circuito familiare tende a diventare un luogo conchiuso e vessatorio, la cui sopravvivenza è possibile (anche) per il fatto che “molti affetti sono doveri che non abbiamo il coraggio di interrompere” (cit. E. Montale). Massimiliano Barbin Bertorelli

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