Ordinaria follia. E’ improbabile che l’essere umano osservi le proprie vicende con un distacco analogo a quello con cui si osserva dall’alto un formicaio.
Tuttavia sarebbe buona cosa, poiché adottando tale distacco egli potrebbe meglio comprendere l’insania della realtà quotidiana & il suo nevrotico transitare tra la folla.
La premessa è estensivamente correlata a quegli episodi di violenza domestico-condominiale, ahimé all’ordine del giorno, di cui le varie fonti informative si disputano i particolari in cronaca.
Non vi è dubbio che tra le strette mura domestiche e condominiali possa covare un sottaciuto malessere e una forma inespressa di violenza.
Questo latente moto dell’animo talvolta esprime una pericolosità perturbante in quanto inaspettata, più assegnabile ai cosiddetti mal-viventi (di cui “non bisogna aver paura ma stare soltanto un poco attenti”, cit. Lucio Dalla) piuttosto che ai classici ben-viventi.
Tale anomala progressione di follia domestica registra una condizione psichica individuale a tal punto tensionale da mutare in tragedia una ordinaria discussione tra condòmini o tra coniugi, fino a consentire il paragone con i film “Un giorno di ordinaria follia” di J. Schumaker (1993) e “Shining” di S. Kubrick (1980).
In merito, l’incursione di questi moti di violenza suggerisce un richiamo al cosiddetto “effetto alone”, la protensione potenzialmente emulativa dell’essere umano, stante la contemporanea condizione di dis-agio civico.
Un dis-agio che trova luogo di rappresentazione proprio in quello spazio urbano da tutti quotidianamente condiviso.
A ribadire il concetto, la frequenza inusitata di un tale comportamento sconsiglia di sdoganare l’episodio come raptus, come singolo scatto d’ira, e di scollegarlo, tra l’altro, dagli effetti dall’odierno clima civico visibilmente alterato e alienato.
In sintesi, assalendo la questione alle spalle, tale comportamento commisura, ahimé, la condizione funambolica di bilico tra folla e follia dell’individuo contemporaneo. Massimiliano Barbin Bertorelli