Sulla scorta delle imprescindibili statistiche doxa (pare manchi all’appello quella comparativa dei casi di infarto dal 2019 ad oggi), è stata educata una platea dalla vocazione credulona, che transita tra emergenze e slogan commerciali.
La manifesta invasività del potere doxa-mediatico ha contribuito a de-classare, a sur-classare, le aspirazioni interiori dell’individuo, fino a surrogarle ed esorcizzarle con aspirazioni esteriori, mutuando il concetto da M. Eliade.
Se la vocazione a riflettere interiormente ha costituito un fondamento dell’esistenza umana originaria, le compulsive aspirazioni d’oggidì manifestano una società spiritualmente mortificante, che ha sostituito la poetica del trascendente in un flusso desiderante immanente.
Tale scheletrica delineazione intende rappresentare l’ inconsapevole sottomissione, la sostanziale resa dell’individuo progredito, nei confronti dell’ allarmismo stilistico, tipico del battage informativo.
Una condizione che trova riscontro nel pertinente quesito di T. Eliot: “Dove é la saggezza persa con la conoscenza, dove è la conoscenza persa con l’informazione?”.
A ribadire il concetto, il medium attecchisce magistralmente su una platea, la cui vocazione credulona ricorda Sor Calisto Credulone, l’ingenuo protagonista di un fumetto del 1945.
A prescindere dal trend, che a latere propone di elevare lo spirito adattando per l’occasione certe dottrine orientali, è indubbio che molte delle compulsioni/aspirazioni quotidiane possano trovare riferimento, tra l’altro, nei personaggi creati da Charles Schulz, su cui non a caso lo psichiatra Abraham Twersky ha successivamente elaborato un testo comparativo.
Non resta che prendere atto di un dato storico: la natura umana è vocata a “credere in ciò che gli viene fatto immaginare”, parafrasando Tacito (80 dC).
Alla fin fine, ai giorni nostri, il potere mediatico-informativo sa benissimo che ogni verità immaginaria diffusa diventa subito convinzione per una platea credulona. Massimiliano Barbin Bertorelli