L’uso del social, quale mezzo di comunicazione globale, dovrebbe per logica corrispondere ad un utilizzatore affine al desiderio di sviluppare un numero sempre crescente di contatti sociali.
Chiunque infatti, totalmente estraneo al fenomeno social, vedesse per la prima volta una moltitudine di individui interagire via display, potrebbe sensatamente desumere un contesto quotidiano in cui la comunicazione è praticata “senza limiti e confini”, citando Lucio Battisti.
Ne consegue che il dedicarsi al mezzo social-virtuale dovrebbe corrispondere ad un interesse relazionale rivolto in ogni dimensione & direzione.
In altre parole, se il mezzo social-virtuale è il paradigma dell’inclusività, la rispettiva comunicazione, nell’includere la dimensione virtuale, non può esiliare le interazioni sociali ordinarie e produrre nell’ utilizzatore una forma dissociata rispetto a ciò che di vivente gli transita intorno.
Altrimenti, questa comunicazione dichiara una dis-funzionalità, un discostamento dai presupposti.
Cosicché, calato nel social, il titolo totalizzante dei Matia Bazar, “C’è tutto un mondo intorno”, rischia di ridurre la sua gittata esplorativa, interessando un mondo intorno riferito solo al mondo internettiano ed estromettendo il mondo sociale circostante.
Detto fatto, la comunicazione internettiana tende a sconnettere l’utilizzatore dall’idea inclusiva di mondo-globale e a relegarlo ad una condizione virtuale.
Con tali modalità, in un attimo, la folla social diviene un insieme di individui a-sociali, la cui grammatica risulta parzialmente comunicativa.
Postulando l’odierna invasività del fenomeno, agiscono a livello materiale sia la vorticante frenesia con cui viaggia la comunicazione social, sia il tramonto delle interazioni conversative dirette, fino alla scomparsa dell’ intensità emotiva tipica delle inter-azioni ante-social.
In conclusione, la quotidiana frequenza con cui “accanto non diventa insieme, ma diventa contro” (cit. Martin Buber) rivela quanto il tecnostress da connessione permanente & l’ eremitismo da social hanno disconnesso l’individuo dai legami sociali. Massimiliano Barbin Bertorelli