A sentimento, senza ausilio del dizionario, traduco il termine “stupidità” con la visione ottenebrata e limitata in cui transita l’uomo quando non sente ragioni di sorta, se non le proprie, sulle questioni che a vario titolo lo riguardano, come singolo, come comunità, come specie.
In altre parole, argomentando in breve su questo tipo di personale percezione, a questa stupidità è necessariamente connesso, per logica e per evidenza, un approccio alla vita radicato alla pretesa di inaffondabili convinzioni.
Per converso, pare improbabile trovare tracce di stupidità in ogni pensiero duttile e includente, avvezzo ad una linea di nutrizione mentale che riconosce nelle circostanze sociali l’ apporto calorico potenziale dello scambio.
Per esemplificare l’analisi del concetto, dalla premessa se ne può dedurre che la dialettica politica cui siamo spettatori avvezzi si compone di rappresentanti tutt’altro che stupidi, malgrado ogni diversa considerazione, poiché la loro sopravvivenza dispone una costante attività di mediazione, i cui effetti collaterali, come ben osservabile, vengono lucidamente conteggiati e calibrati.
In generale, è tuttavia innegabile, se non per il soggetto direttamente coinvolto, che un atteggiamento fisso, tenacemente radicato, conteggi invece un approccio scarsamente adattivo, poco esperienziale.
Nondimeno, si assiste al paradosso dinanzi all’ intento soddisfatto del mercato di trasformare gli individui in sfrenati consumatori, laddove certe rigidezze mentali, che sulle prime potrebbero apparire ostacolo all’esaudimento di altrui logiche commerciali, vengono facilmente addomesticate e superate a livello mediatico, a differenza di qualsivoglia altra circostanza.
In conclusione, nessuno tocchi la stupidità umana, condizione indispensabile, tra l’altro, per confinare l’individuo tra le mura di casa, difeso (forse) dai ladri, indifeso dalla reclame e dai social.
Massimiliano Barbin Bertorelli