Nel naturale disporsi delle vicende, capita che la condizione emotiva spontanea dell’individuo-adulto viaggi in rotta di collisione con la realtà precostituita di tutti i giorni.
In specie, capita che la sincera volontà individuale di cambiare le carte in tavola sia in qualche misura e modo ostacolata, soffocata sul nascere, dalla pervasività di ingannevoli modelli, di desuete tradizioni, di ingessate abitudini. E che, per questo motivo, permanga inalterata per necessità & opportunità.
Questo modo adulto di incedere é progressivamente sottoposto ad un carico mistificatorio gravoso: simile ad una palla di neve che, rotolando lungo il crinale, s’inspessisce fino a diventare un pesante macigno: o simile ad una motrice cui, nel tragitto, si aggiungono vagoni da trainare.
Stante il quotidiano incrementarsi del carico, riflettere sulle personali questioni non sempre conviene. Meglio soprassedere onde evitare il rischio di dover rispondere al quesito: “quanta conoscenza di me stesso sono in grado di sopportare?”, citando Robert Frost.
E’ drammaticamente più prudente accomodarsi nella propria condizione quale tributo alla chilometrica coda di esigenze canoniche delle fasi di passaggio dell’esistenza.
La sola idea di palesare intenti ribelli manifesta azzardo e avventatezza, anche se l’esperienza suggerirebbe di non esaudire tutte le pretese altrui, visto che ogniqualvolta l’individuo le soddisfa, se anche si conquista un posto in cielo, non ne conquista alcuno in terra.
Nella credibile ipotesi che ciascuno di noi, a proprio inconsapevole danno, si crogioli in convinzioni & convenzioni, vanno ahimé escluse rotte alternative.
Cosicché, volendo ri-conquistare la favola dell’esistenza, per sottrarsi alle istanze adulte contemporanee serve credere fortissimamente che “è un onore conservare un cuore da bambino”, citando E. Hemingway.
In sintesi, evitare con tutte le forze che il favolesco epilogo del “tutti vissero felici e contenti” si consumi nell’odierno “tutti finsero (felici e contenti)”. Massimiliano Barbin Bertorelli