La tematica sesso, nelle sue possibili coniugazioni, dai tipici commenti tra amici alle dinamiche compulsivo-voyeuristiche, per approssimazione e a vario titolo, é un dato artificioso e paradossalmente affliggente per l’essere umano.
Lo stuolo di sfegatati fans che ne apprezzano la presenza nella programmazione di numerosi palinsesti mediatici é un dato altresì identificativo della smania straboccante che ne com-misura il manifestarsi verbale.
La tematica detiene infatti una sorta di primato discorsivo, a pari merito con l’attuale pandemia, gli allarmismi-meteo e l’elencazione delle disgrazie personali.
Ben prima dei possibili effetti delle restrizioni sociali da contagio, l’esigenza di sfogare gli impulsi repressi già ri-assumeva uno quota di nevrosi individuale, estrapolando per comodità la considerazione in materia di Sigmund Freud: “più un individuo è disposto alla nevrosi, meno tollera l’astinenza sessuale”.
Nondimeno, malgrado sulla carta il terzo millennio si annunci tecnologicamente iper-evoluto, la priorità epifanica dedicata al sesso esprime la “dispersione verso l’infimo” (cit. Sant’Agostino) e lo stigma consumistico che nelle sue modalità non tarda a svilire la conquista sessantottina.
Il suo dilagare, virtuale e/o mediatico, individua uno spazio totalmente estraneo ad una sana “economia della perpetuazione della specie umana”, interpolando Georges Bataille.
Nei prodromi socio-culturali che investono il fenomeno, non è forse casuale il crescendo di tragiche derive domestiche in cui, ben più che in filigrana, si intravede il versante compulsivo.
Casca a fagiolo menzionare anche Michel Houellebecq sulla circostanza che “il sesso, dissociato dalla procreazione, sussiste come principio di differenziazione narcisistica e di lotta”.
Nel relativismo imperante in cui ciascuno pretende ragione, il solo osservarne le dinamiche a livello mediatico stimola l’idea di combinarle col liberismo-edonista identificabile nella triadica brama di “avere, potere, valere” (cit. Paul Ricoer).
In via generale, il pensarci finalmente liberi dai condizionamenti confligge di fatto con ogni comportamento emotivamente alterato e bisognoso.
Non stupisca quindi l’attualità di Lucrezio (I sec. a.C) quando commentava che “per vivere bene serve un corpo sano e una mente senza ossessioni”. Massimiliano Barbin Bertorelli