L’afflato della vanità è un elemento sensibile, tendenzialmente fondativo del modus contemporaneo di vita. D’altronde, le sue antiche origini ne stigmatizzano e ne fanno presagire il corrente radicamento.
D’altronde, sono molteplici le com-prove, le esibizioni in cui questo “sè-narciso” si esprime, con esiti di stupefatta ammirazione.
Ma se, da un lato, le pregevoli ed imperiture opere artistiche che in qualche modo lo riguardano (una per tutte, il paradigmatico dipinto caravaggesco), ne espongono la componente colta ed aulica, dal lato opposto, certe personalistiche derive, in qualche modo correlabili alla “brama di essere, di avere e di valere”, citando Paul Ricoeur, hanno tragicamente condotto la storia umana in antri oscuri. E ad episodi così inquietanti da imprimersi indelebilmente nella memoria di ogni generazione.
La questione della “vanità”, non a caso, può anche trascendere da aspetti squisitamente estetici ed auto-riferiti e dirigersi verso ben più insidiose derive egemoniche, così da tradursi in talune circostanze in una monopolistica brama di dominio, humus di una tragica e sempre presente vocazione superomistica.
Ciò assume con evidenza, va ribadito, toni ben distinti e distanti da un comune innocuo desiderio, ancorché vagamente ossessivo, di un narcisistico auto-compiacimento.
In merito all’argomento, un recente editoriale dal titolo “Tutto è vanità?”, pubblicato su Panorama a firma Terry Marocco, ne delinea anche la natura artistica, ri-composta in un paio di mostre pittoriche, una al Rijksmuseum ad Amsterdam, l’altra al MAXXI a Roma.
Sia come sia, l’articolo offre spunto per considerare la persistenza di quel desiderio di auto-idoleggiamento, più o meno consapevole e coinvolgente, laddove anche i media, nell’evidente stra-potere via via assunto, lo espongono nella forma della “bellezza”, quale vincente passepartout sociale.
E’ questo messaggio, non volendo solo leggerlo come mero dato inessenziale, può confortare e rimpinguare la sussistenza di questo “sé-narciso”, nella misura in cui lo si porta a considerare, se non l’unico, certamente uno dei principali mezzi cui affidarsi per una personale conquista del mondo.
Massimiliano Barbin Bertorelli