Con un evento speciale il nostro maggior teatro di prosa, il Teatro Nazionale e il nostro maggior teatro lirico, il Carlo Felice di Genova, hanno inaugurato insieme la nuova stagione con un doppio spettacolo nella stessa giornata della stessa opera, una volta proposta in prosa, una volta proposta in lirica: “Il giro di vite” di Henry James (1898). Evento straordinario perchè, secondo le intenzioni del direttore Livermore e del sovrintendente Orazi, è stato concretamente attuato un progetto di fare cultura unendo eccellenze artistiche e culturali in un unico momento, rivolto sia al pubblico amante della prosa, sia al pubblico amante dell’ opera lirica.
Il risultato è stato eccellente: un folto pubblico motivato e curioso ha decisamente apprezzato e i due spettacoli, ben riusciti e coordinati, della durata di quasi quattro ore compreso l’intervallo, sono volati senza avvertire pesantezza alcuna.
L’adattamento in prosa realizzato da Carlo Sciaccaluga con la scenografia di Manuel Zuriaga, comune ai due spettacoli, come la regia di Davide Livermore, si svolge in una scena mobile su toni variati di grigio, che avvolge lo spettatore in una perenne atmosfera cupa, inquietante, sempre più incalzante, “stringente”, che mantiene alta la tensione e il senso di un funesto presagio.
Uno zio giovane e spregiudicato, che si proclama egoista e vive a Londra una vita interessante e divertente, si trova ad essere all’improvviso tutore di due bimbi orfani, Miles e Flora, che vivono in una residenza nella campagna inglese con una governante. L’uomo assume una giovane istitutrice avvertendola che, nell’occuparsi dei bambini, non dovrà disturbarlo mai.
Fin da principio, nonostante l’accoglienza calorosa della governante Mrs Grose e l’amabilità dei fanciulli, l’istitutrice avverte che vi è qualcosa di inquietante in quella apparentemente serena dimora. All’arrivo la informano che Miles è stato espulso dalla scuola per cattivo comportamento con i compagni. In seguito presenze misteriose turbano le sere e le notti della donna. Dopo aver appreso dalla governante che in precedenza sono passati per la casa un servitore, Quint, e una istitutrice, molto presenti con i bambini e morti entrambi, la giovane si rende conto che i bimbi non sono “buoni” come appaiono, ma del tutto assenti e come governati da forze oscure. Invano la donna cerca di far parlare i bambini e soprattutto Miles: poi, esausta, tenta di scrivere allo zio tutore ( con qualche reticenza tipica di chi cerca di parlare di qualcosa di poco accettato dalla collettività), senza riuscirci per l’intervento del fantasma di Quint. Alla fine riesce ad acquisire la confidenza del fanciullo lottando con la presenza costante e maligna dello spettro del servitore: il piccolo cede, urlando “devil, demonio!” a Quint, ma il prezzo dalla resa è molto alto…
Il testo di James sembra voler dimostrare che il male, alla fine, vince su ogni volontà di procedere verso il bene: la cosa è tanto più inquietante in quanto stavolta proviene da entità che sono state umane.
Il lavoro è denso di tratti psicologici raffinati e realistici: la solitudine consapevole e l’impotenza dell’istitutrice, nonostante l’apparente affabilità che la circonda, viene tratteggiata con pennellate incisive, quasi a sollecitare, a favorire l’empatia dello spettatore verso di lei. Magistrali e perfettamente modulate nella tempistica dell’azione le scene a tre tra l’istitutrice, i bambini e i fantasmi che vorrebbero suggerire le risposte agli stessi.
La versione lirica di Benjamin Britten, su libretto di Myfanwy Piper, diretta dal maestro Riccardo Minasi, cantata in inglese, tende ad accentuare il crescendo d’angoscia del testo, mediante un abile effetto mosaico dei cambi di scena bui a sipario del tutto calato. La partitura, molto variata, con gesti, azioni, pause netti, fa apparire lo svolgimento più subdolo e preciso. L’orchestra è condotta con la nota e misurata maestria dal maestro Minasi.
Sorprendenti e teneri gli interpreti dei bambini, Luigi Bignone e Ludovica Iannetti per la prosa, Oliver e Lucy Barlow per la lirica, eccezionali sia nella recitazione che nel canto nonchè nella padronanza scenica. Di ottima resa tutti gli interpreti, perfettamente adeguati anche nei profili psicologici e nella fisicità: Gennari, Aprea, Viola, Campolucci, per la lirica Buzza, Gardeazabal, Leech, Mappa.
Lo spettacolo resta in scena per il dittico prosa ed opera il 16,18, 20 ottobre; solo prosa il 15,17,19, 22, 26 ottobre. ELISA PRATO