Il meccanismo è stato scoperto dal reparto Polizia Giudiziaria della Polizia Locale di Genova
Cercavano di procurarsi o di rinnovare il permesso di soggiorno, dimostrando di avere regolare occupazione in un’impresa a domicilio con sede presso la propria residenza.
Quell’indirizzo di residenza indicato nella Scia, segnalazione certificata di inizio attività, era però fittizio.
Lo hanno scoperto gli agenti del reparto Polizia Giudiziaria della Polizia Locale, nel corso di una lunga e minuziosa analisi che ha portato, ad oggi, a 175 gli indagati per falso in autocertificazione, falso ideologico per induzione e contraffazione di documenti al fine del rilascio del permesso di soggiorno.
L’indagine del reparto Polizia Giudiziaria ha preso il via proprio dall’anomalia segnalata dal Suap, che si è trovato a respingere numerose pratiche di inizio attività poiché, a seguito di verifica d’ufficio, il luogo di residenza indicato risultava fittizio.
In caso di dichiarazioni mendaci nell’autocertificazione (cosa che rappresenta un reato), la Scia non produce effetto.
I procuratori, tuttavia, hanno ignorato le comunicazioni di irricevibilità inviate dallo Sportello e hanno continuato a inviare segnalazioni di inizio attività, sempre riconducibili ai medesimi indirizzi: tra questi un civico di via di Pré, oltre a indirizzi corrispondenti a centri di accoglienza per immigrati dai quali i dichiaranti si erano allontanati da tempo, o che, nel frattempo, erano stati dismessi.
Dai successivi accertamenti presso la Camera di Commercio della Provincia di Genova è emerso che buona parte degli indagati, sempre tramite i procuratori, dopo aver inviato la Scia allo Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune di Genova, avevano dato comunicazione unica per la nascita d’impresa all’Agenzia delle Entrate ottenendo l’apertura di una partita Iva; dopodiché, avevano presentato richiesta di iscrizione nel registro imprese di Genova nella sezione speciale con qualifica di piccolo imprenditore.
Inoltre, particolare che ha destato ancora più sospetti negli occhi degli agenti impegnati nelle indagini, i permessi di soggiorno allegati alla Scia, prevalentemente emessi per motivi umanitari, riportavano una data di scadenza antecedente o successiva e comunque prossima a quella di instaurazione della pratica.
L’attivazione delle imprese individuali, in sostanza, aveva come unica finalità l’ottenimento del rinnovo del titolo di soggiorno, che è condizionato dalla disponibilità di un alloggio e dall’esistenza di un’attività lavorativa.
A comprova di ciò è emerso che per una parte dei titolari di attività non risulta effettuato alcun versamento all’Inps. Inoltre, nel corso delle verifiche, gli operatori della Polizia Locale hanno appreso che in diversi casi, in seguito alla comunicazione di motivi ostativi al rilascio del titolo di soggiorno, gli interessati (sempre mediante i procuratori) avevano fatto pervenire all’Ufficio Immigrazione della Questura di Genova bilanci economici o dichiarazioni comprovanti un reddito minimo tale da far risultare la percezione di un reddito sufficiente, come previsto dalle normative sull’immigrazione.
In altri casi, invece, oltre alla documentazione ottenuta indebitamente con l’invio delle Scia, i cittadini stranieri interessati avevano fornito alla Questura comunicazioni di ospitalità presso fissa dimora poi disconosciute dal presunto ospitante.
L’indagine è ancora in corso. Sono in atto ulteriori accertamenti nei confronti di altri cittadini stranieri e di altri procuratori con sedi di attività nel Comune di Genova. Questo anche per evitare che chi ha ottenuto titoli di soggiorno in maniera illecita possa anche fruire di agevolazioni non spettanti quale il reddito di cittadinanza.