In scena fino a sabato 11 febbraio 2023
In crociera. Gli attori sono già sul palco, quando gli spettatori entrano in sala. La luce è azzurrata e i cinque personaggi, immobili, in piedi, con lo sguardo fisso nel vuoto, sembrano fantasmi.
Forse tutto è già avvenuto e, quando lo spettacolo inizia e prende “colore”, potrebbe ricordare il nastro di un vecchio registratore che si riavvolge.
L’azione della caustica storia, mirabilmente sintetica e scritta con stile garbato e brillante da Fiammetta Carena per la regia di Maurizio Sguotti, si svolge in uno di quei “paradisi in terra” che sono i villaggi turistici e perciò richiama situazioni note. In questo luogo fittizio e fuori dal tempo, su una spiaggia in riva al mare, si innesca il solito meccanismo di divertirsi a tutti i costi, rimuovere i problemi che ognuno ha, socializzare, magari dimenticare anche i lutti.
L’assistente domotico, Alfredo, è una voce fuori campo che scandisce giochi e tempistiche, intrattiene e impegna i villeggianti per farli ridere, ballare e giocare. Lui è come un invisibile deus ex machina, che tira i fili delle sue marionette in costume (da bagno, ma non solo) o schiaccia i tasti delle loro voci al momento giusto.
L’affiatata compagnia ligure di Kronoteatro schiera attori tutti “in parte”, che interpretano con scioltezza altrettanti caratteri: giovani senza illusioni o a cui tutto fa paura – con il volto di Filippo Tampieri e di Viola Lo Gioco – e professionisti depressi, egoisti e cinici – agiti da Consuelo Barilari, da Tommaso Bianco e dallo stesso Maurizio Sguotti.
Creare mondi artificiali, però, non preserva la piccola compagnia dal pericolo (esistenziale?) incombente.
In una sorta di doppio climax, avviene in parallelo un duplice (di)svelamento: l’arida e banale umanità di ogni villeggiante affiora sempre di più con l’espressione di ogni singola verità, mentre la nave comparsa all’orizzonte carica di persone e immaginata, all’inizio, dai protagonisti come uno specchio del loro status (crocieristi che danzano e si divertono come loro), viene avvertita come sempre più minacciosa.
Anche nella partitura delle battute si capta un saliendo, che da spensierato diventa ironico e poi, addirittura, amaro: il pubblico dovrebbe avvertire il passaggio dal simpatico intrattenimento vintage (ad esempio, del “telefono senza fili”) alla metaforica riflessione indotta dall’opera.
Così, la presenza di ciò che non si conosce diventa incombente per la vista e per l’udito e con il mostro (metallico?) che si vuole evitare, alla fine, forse addirittura ci si scontra in maniera definitiva.
Il naufragio di una povera umanità (i migranti? chi scappa dalle guerre e dai cataclismi?) è, allora, lo stesso di una umanità povera (di valori, di progetti, di coraggio).
La salvezza va sempre meritata, come il buon teatro. Linda Kaiser